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30 gennaio 2022

In Cristo puoi... essere gentile | 30 Gennaio 2022 |

Viviamo in un mondo in cui ci sono molte situazioni ed eventi che ci irritano. Paolo ci chiama ad essere gentili,  perché "Il Signore è vicino", tornerà a mettere le cose al loro posto e cammina con noi momento per momento verso quel futuro. 
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Siamo alla seconda parte della nostra passeggiata in Filippesi 4, dove Paolo ci indica tutte le cose (e sono molte) che possiamo fare, se siamo “in Cristo”.

Abbiamo parlato due settimane fa che in Cristo possiamo avere gioia indipendentemente da tutto ciò che ci circonda, che le cose girino per noi bene o meno. Questa settimana vedremo che in Cristo possiamo essere gentili.

Immagina di essere al supermercato,  e di avere un carrello con poca roba da comperare; sei alla cassa e sta per arrivare il tuo turno, quando dietro te arriva una signora anziana, che ha un carrello più pieno del tuo; ha un bastone e cammina male. Cosa fai?

Puoi decidere di non fare nulla, attendere il tuo turno, pagare e andare via... Oppure puoi farla passare avanti, aiutarla a mettere i prodotti sulla cassa, a imbustarli, e accompagnarla alla macchina con le buste della spesa.

Cosa penseranno le persone che vedono la tua azione? Alcuni penseranno che sei stato “fesso", ma per la stragrande maggioranza di chi ti ha visto sarà che sei stato, sei stata “gentile”.

Cosa vuol dire “essere gentili”? Quali azioni lo dimostrano? Far passare davanti a te una persona anziana al supermercato? Trattare bene gli animali e la natura? Non arrabbiarti con nessuno? Cosa altro?

La parola “gentile” in italiano deriva dalla cultura romana,  dove significava “ciò che appartiene ad una “gens-gentis”;“gente” inteso come “famiglia". Una famiglia di cui si potesse tracciare la storia, le origini, da chi discendeva, le gesta nobili o i poteri che avevano avuto in passato. 

A Roma antica solo la nobiltà aveva il privilegio  di conoscere il proprio passato  e di essere discendenti di  persone importanti: tutti gli altri erano il “vulgus” il “popolo”,  senza una storia, senza nobiltà.

Per questo ciò che apparteneva al “vulgus”, al popolo, era “volgare” e quello che apparteneva alle “gentis” era “gentile”. Col tempo “volgare” divenne sinonimo di qualcosa brutto e rozzo,  “gentile” di qualcosa di bello e delicato.

Ma dove troviamo la parola "gentile" nella Bibbia? Il Nuovo Testamento non usa mai la parola “gentile” se non per indicare le popolazioni pagane. Ma usa altre due parole simili: la prima è  questa:

“L’amore è paziente, è benevolo...” (1 Corinzi 13:4 a)

Benevolo in greco è χρηστευομαι chrēsteuomai; che significa “dimostrarsi utile”.

L'altra parola è questa:

“La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino.” (Filippesi 4:5)

La parola greca ἐπιεικής epieikēs   a seconda della Bibbia usata e del versetto, è tradotta in italiano in molti modi diversi: mansuetudine, mitezza, ragionevolezza, affabilità, modestia, bontà, amabilità.

In realtà la parola è composta da due parole: ἐπί epi, che significa "sopra, davanti, prima" ed εἴκω eikō, che significa "dare la precedenza, lasciare il posto".

Ti ricordi dell'esempio del supermercato, vero? Paolo direbbe di te che sei stato, sei stata epieikēs  lasciando il tuo posto all'altro, facendo passare davanti la signora anziana.

Lo scopo dell'essere gentili  è sia rendersi utili agli altri (chrēsteuomai) sia lasciare il posto a qualcun altro (epieikēs). Ma la gentilezza è più di questo. 

Hai visto di recente uno qualsiasi dei talk show in tv? Oppure un dibattito tra due politici? Diresti che le persone erano gentili l'un l'altro? La realtà dei fatti dice  che è molto più facile irritarsi ed essere irritanti che essere gentili l'un l'altro. E gran parte dei programmi televisivi gioca proprio su questo, e invita al conflitto... perché fa “audience”...

A seconda del carattere che abbiamo e a seconda della vita che abbiamo avuto, saremo più o meno propensi o propense ad essere gentili invece che scontrosi o irascibili.

Indipendentemente dal nostro carattere più o meno “morbido”, come credenti dovremmo renderci utili agli altri e dovremmo cedere il nostro posto agli altri.

E non lo dice Marco, ma la Parola di Dio; così dice Paolo ai Filippesi.

“La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino.” (Filippesi 4:5)

Paolo dice che tutti dovrebbero sapere che siamo di quelli che cedono il passo agli altri, che si dimostrano utili, che agiscono a favore di chi incontriamo nella vita.

Esiste una Bibbia in inglese, chiamata “Amplified” che, quando una parola può avere più significati, li mostra tutti: se esistesse la stessa cosa in italiano questo versetto suonerebbe così:

“Che la vostra mansuetudine, mitezza, ragionevolezza, affabilità, modestia, bontà, amabilità. sia evidente a tutti.  Il Signore sta per tornare!” (Filippesi 4:5 parafrasi)

Vi ricordate il contesto in cui queste parole vengono dette, vero? Per prima cosa, Paolo  è in prigione; non è specificamente in prigione per la predicazione del Vangelo  ma perché persone del suo stesso popolo, i suoi nemici ebrei, lo accusano falsamente  e lo incolpano di creare dissenso contro il governo di Roma. Paolo è un traditore.  Paolo è stato incarcerato per mano della sua stessa gente.

Ma anche la chiesa di Filippi sta attraversando un periodo turbolento; ci sono persone nella congregazione che stanno cercando di creare divisione, e dicono apertamente che gli insegnamenti di Paolo sono sbagliati. Persone della chiesa che lui stesso ha piantato e che lui stesso ha posto come guide sono ora contro di lui.

Quanti di noi sarebbero stati impazienti, scontrosi o irascibili verso le persone che avevano provocato tutto questo? Paolo avrebbe avuto tutte le ragioni per esserlo!

E invece no: Paolo ordina ai Filippesi  di far si che la loro gentilezza sia vista da tutti.  Non solo dagli altri cristiani,  ma da tutti coloro con cui vengono in contatto.

Ma cosa sta chiedendo Paolo chiedendogli di essere “mansueti”?  Il modo migliore per sapere cos'è la mansuetudine è vedere come viene applicata nella Bibbia. Cominciamo con Gesù.

All'inizio del suo ministero Gesù andò nel deserto e fu tentato. Ricordiamoci bene che questo Gesù Cristo è Dio.  Quando furono stesi i cieli e la terra, Gesù era lì.  Quando Satana fu cacciato dal Cielo, Gesù era lì.  Tutto il potere era nelle Sue mani. 

E Satana a questo Gesù, a colui che ha creato il mondo, a colui che lo ha buttato dalla finestra del Paradiso, adesso arriva e gli dice: "Se ti prostri e mi adori ti darò tutte le nazioni". Non trovate sia un po' irritante?

Riuscite ad immaginare cosa gli avremmo “consegnato” a Satana se fossimo stati al posto di Gesù? Volete che vi faccia qualche esempio? Meglio di no!

Come reagì Gesù? Leggiamolo in Luca:

“Il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane».  Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di pane soltanto vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un attimo tutti i regni del mondo e gli disse:  «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni; perché essa mi è stata data e la do a chi voglio.  Se dunque tu ti prostri ad adorarmi, sarà tutta tua». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Adora il Signore, il tuo Dio, e a lui solo rendi il tuo culto”». Allora lo portò a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui,  perché sta scritto: “Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo, di proteggerti” e “Essi ti porteranno sulle mani, perché tu non urti col piede contro una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non tentare il Signore Dio tuo”». Allora il diavolo, dopo aver finito ogni tentazione, si allontanò da lui fino a un momento opportuno. (Luca 4:3-13)

Gesù nella sua avventura terrena era uno di quelli che "usava" la sua voce; non aveva un tono monocromo e placido. Gesù aveva urlato ai mercanti nel tempio, e più volte nei vangeli si dice che Gesù ha gridato. Ma qui, Gesù non alzò mai la voce; ma rispose citando ogni volta la parola di Dio :”Sta scritto … E' stato detto...

Cosa è la gentilezza secondo Gesù? E' non “reagire a molla” anche quando sappiamo al 100% di essere nel giusto. E' pensare biblicamente, ricordando all'altro la verità della parola di Dio, ma senza aggredire.

Gesù era mansueto, ma questo non significava che fosse “debole”. L'immagine che normalmente si usa per descrivere la mansuetudine è quella dei bovini; le mucche sono esseri “mansueti”... ma non per questo sono “deboli”. Esse sanno di avere tutta la potenza necessaria per farci del male... ma decidono di non farlo (a meno che noi non facciamo qualcosa contro di loro); pascolano al nostro fianco, si fanno accarezzare. Questo significa essere mansueti: avere “potenza in controllo”.

Gesù era fermo sulla Parola di Dio. Gesù possedeva tutta la potenza della Parola di Dio... esattamente come tu ed io. Ma dobbiamo conoscere la Parola; la dobbiamo leggere e studiare per averla a fianco nel momento del bisogno.

Un altro esempio. Questa volta vediamo Barnaba.  Barnaba insieme a Paolo fu il leader del primo viaggio missionario negli Atti.  Assieme a loro c'era un uomo abbastanza giovane  di nome Giovanni, ma detto Marco. Dopo un po' che stava con loro, Giovanni detto Marco si stufò del lavoro di missionario e di punto in bianco li lasciò da soli.

Più tardi Paolo e Barnaba pianificarono un secondo viaggio missionario.  Ecco come si svolse il viaggio:

“Dopo diversi giorni Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunciato la Parola del Signore, per vedere come stanno».  Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni detto Marco. Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato da loro già in Panfilia e che non li aveva accompagnati nella loro opera. Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese con sé Marco e s’imbarcò per Cipro. Paolo, invece, scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore. E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le chiese.” (Atti 15:36-41)

Ora, forse Paolo e Barnaba non sono stati gentili, o amorevoli, o mansueti l'uno con l'altro.  Ma il trattamento gentile di Barnaba verso Marco  diede a Marco un'altra possibilità.

Sapete cosa fruttò la mansuetudine di Barnaba? Fruttò un vangelo, perché Giovanni detto Marco in realtà è il Marco che ha scritto il secondo vangelo nella tua Bibbia.

Più tardi Paolo si pentì di essere stato non gentile ed non amorevole con Barnaba e Marco; e quel Paolo, che lo voleva cacciare, scrisse di Marco a Timoteo:

“Prendi Marco e conducilo con te, poiché mi è molto utile per il ministero.” (2 Timoteo 4:11 b)

Marco era una persona  che avrebbe potuto essere allontanata dal ministero  a causa dei suoi fallimenti e a causa dell'impazienza di Paolo.  Fu la gentilezza di Barnaba che portò ad un risultato molto diverso.

L'essere gentile di Barnaba significava essere disposto ad accettare  che non possiamo sempre avere tutto sotto controllo e che ci saranno momenti in cui le persone  non soddisfano le nostre aspettative.

Significa che dobbiamo essere disposti  a mettere via lo spirito critico e giudicante  e sostituirlo con uno spirito che vuole incoraggiare  anche di fronte a  un fallimento.

Significa che dobbiamo essere disposti  a mostrare il nostro apprezzamento per i doni e i contributi degli altri anche quando questi doni e contributi sono diversi dai nostri.

Significa che dobbiamo essere disposti a riconoscere  che il nostro modo e il nostri piani  possono non essere sempre quelli migliori; e anche se sarebbero il modo migliore,  dobbiamo dare alle persone  l'opportunità di imparare nuove tecniche  senza essere condannati prima di iniziare.

Significa che dobbiamo essere disposti  a permetterci l'un l'altro di fare errori.  E, quando diamo un incarico o un compito, riconoscere che la perfezione non arriverà  e le persone ci deluderanno, e ricordare che anche noi abbiamo deluso talvolta altri.

Essere mansueti, essere gentili non significa essere sempre fermi o sempre morbidi; Gesù davanti al padre dell'errore, il diavolo, era stato fermo. Barnaba davanti all'errore di Marco era stato morbido.

Essere gentili  significa essere  fermi o  morbidi a seconda della grazia necessaria alla situazione e al momento; la gentilezza è la grazia in azione.

Dio è stato gentile con te e con me, e lo he tutt'ora nonostante  tu ed io lo irritiamo su base quotidiana. Infatti Dio ci permette di sbagliare... di peccare...  e poi ci aiuta dolcemente ad andare avanti.

Dio avrebbe potuto giustamente prendere la via della giustizia immediata, punirci per il nostro peccato.  Ma sapeva che questo ci avrebbe schiacciato e ci avrebbe resi per sempre timorosi di avvicinarci a Lui.  Così Dio ha scelto una via diversa:

“Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento.” (2 Pietro 3:9)

La scorsa settimana Jean ha parlato del cuore di Gesù; un cuore aperto, che concede un'altra opportunità all'esattore corrotto Zaccheo. Un Gesù che lo incoraggia, nonostante Zaccheo non sia perfetto, e gli dice che anche lui, imperfetto come è, è figlio di Abraamo, fa parte del popolo di Dio.

Quando doveva essere irritato Gesù  conoscendo che Zaccheo rubava, vessava  e faceva andare in  carcere le persone povere? Ma entrando in casa sua,  parlando con mansuetudine, sta dicendo a Zaccheo e a tutti quelli che erano lì … e anche a noi: “Vedete? Voi che siete in Cristo, dovete essere gentili con gli altri, nonostante quanto siate irritanti."

Facile, vero? No... non lo è per nessuno, e nemmeno per Gesù lo era, credetemi!

Paolo sottolinea nel versetto di Filippesi che l'essere mansueti ha un motivo e uno scopo:

“La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino.” (Filippesi 4:5)

Sulla frase “Il Signore è vicino” ci sono due possibili significati.

Il primo (ed è il più “gettonato” nei commentari) è che Il Signore è vicino nel senso che la sua venuta  potrebbe avvenire in qualsiasi momento. Gesù sta per tornare,  e noi lo vedremo faccia a faccia.

Perché mai questo ci dovrebbe rendere mansueti? Beh, sappiamo che quando Gesù verrà,  tutte le cose saranno messe a posto: il male sarà punito e il giudizio sarà giusto. La fedeltà sarà premiata e Dio loderà i suoi santi.

Paolo allora dice che non dobbiamo stressarci troppo  perché Dio porterà equità alla fine. Il Signore è vicino.; tutto ciò che nella vita provoca rabbia  e irritazione verrà spazzato via.

Non solo: molti di noi che si irritano a vicenda  saranno in cielo insieme; quindi cominciamo da subito ad usare gentilezza con quelli con cui dovremo trascorrere l'eternità.

E dobbiamo mostrare gentilezza anche agli altri  che non sono ancora sulla via dell'eternità, perché vogliamo che anche loro siano con noi.

Ma c'è un altro significato possibile e non è meno importante  (ed è quello che preferisco): il Signore è vicino nel senso che sta camminando con noi, è al nostro fianco ad ogni passo del cammino.

Gesù è consapevole di come siamo,  di come pensiamo e di come agiamo, ed è interessato al fatto che,  come suoi ambasciatori nel mondo dimostriamo agli altri quale sia il suo cuore.

“Il Signore è vicino” significa  che vede come viviamo il nostro cammino di fede. "“Il Signore è vicino”significa che  al nostro fianco vive il suo Spirito, il Consolatore, lo Spirito di Verità.

Come puoi, tu  che sei stato, sei stata oggetto di tanta pazienza e dolcezza,  come puoi non mostrare agli altri  la stessa grazia che è stata usata verso di te?

Come puoi tu, tu che sai che Dio aveva tutto il diritto di essere irritato,  e impaziente, e brusco con te  (ma non l'ha fatto) ,come puoi ora non estendere quella stessa grazia agli altri?

Che la tua  mansuetudine, mitezza, ragionevolezza, affabilità, modestia, bontà, amabilità  sia evidente a tutti; sia ai credenti, ma anche (e forse soprattutto) a chi ancora non crede perché Gesù quelli sta cercando.

In Cristo puoi essere una persona  che ha un approccio così gentile alla vita  che tutti intorno a te possono vedere la differenza che Cristo fa nella vita tua vita, nella vita di chi crede.

“Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri.” (Giovanni 13:35)

“Il Signore è vicino”: quale significato preferisci? Che Gesù sta per tornare, o che Gesù è al tuo fianco? Il significato può variare: l'obiettivo no.

Il fine della mansuetudine, dell'essere gentili, è testimoniare di un Dio così grande, così innamorato,  così pieno di grazia e di compassione...

“...che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” (Giovanni 3:16)

Vivi così  e sarai un testimone, una testimone potente per il Signore Gesù Cristo. Vivi così e brillerai come come un faro,  in un mondo dove l'irritazione, l'impazienza,  l'insofferenza e la vendetta sono diventate la norma.

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.” (Matteo 5:16)

Preghiamo.

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14 novembre 2021

Il perdono da forma alle tue azioni | 14 Novembre 2021 |

Il piano finale di Dio per le nostre vite  non è che la vita sarà facile  e che non ci faremo mai del male. Ma quando qualcuno sbaglia e si ravvede, come credenti, siamo chiamati a perdonare, a riconoscere il cambiamento e a riabilitare chi ci ha ferito.
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Siamo all'ultimo appuntamento col il libro di Filemone e con il perdono.

Nelle due precedenti predicazioni abbiamo visto alcuni aspetti del perché dovrei perdonare: perdonare mi libera dal passato e dall'amarezza, chiude le porte al Maligno  ed apre quelle del mio rapporto con Dio modellando il mio carattere ad essere più simile a Colui che mi ha perdonato.

Sin qui abbiamo visto tutti casi in cui il perdono è più difficile, quelli dove siamo noi a dover fare il passo, perché dall'altra parte non c'è alcuna volontà  di chiedere scusa, di ravvedersi e di cambiare.

Ma cosa succede quando l'altro mi chiede scusa, si ravvede e ce la mette tutta per cambiare?

Beh, stranamente, una delle reazioni abbastanza comuni non è quella di abbracciare colui che si pente, ma di volergliela far pagare; di rendere “prezioso” il nostro perdono, di farlo desiderare e sudare  come contrappasso al male che abbiamo subito.

Vorrei rileggere assieme a voi la lettera di Paolo, dal versetto 8 sino al termine:

“Perciò, pur avendo molta libertà in Cristo di comandarti quello che conviene fare, preferisco fare appello al tuo amore, semplicemente come Paolo, vecchio e ora anche prigioniero di Cristo Gesù;  ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo, un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore.  Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria.  Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po’ di tempo, perché tu lo riavessi per sempre; non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore!  Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso.  Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, lo scrivo di mia propria mano: pagherò io; per non dirti che tu mi sei debitore perfino di te stesso. Sì, fratello, io vorrei che tu mi fossi utile nel Signore; rasserena il mio cuore in Cristo.  Ti scrivo fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel che ti chiedo. Al tempo stesso preparami un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi restituito.  Epafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, ti saluta.  Così pure Marco, Aristarco, Dema, Luca, miei collaboratori.  La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.” (Filemone 8-25)

Paolo sta rispedendo Onesimo a Filemone, e giustamente si preoccupa di quale sarà l'accoglienza che gli sarà riservata.  Come risolverà il problema Paolo?

Permettetemi un ricordo personale. Trenta anni fa io facevo parte della chiesa di Monterosi: ne ero un semplice membro.

Anche se avevo fatto il pastore dei giovani per un paio di anni nella chiesa di Ronciglione e avevo portato qualche messaggio là, non avevo nessuna esperienza di predicare davanti a quasi un centinaio di persone.

Fu così che uno dei due conduttori di chiesa, Marvin Oxenham, alla fine di un culto mi disse: “Guarda, prepara qualcosa, perché tra qualche domenica  predicherai tu”.

Marvin era (ed è) uno dei predicatori più talentuosi che io abbia mai ascoltato: figuratevi come mi sentivo io nel doverlo sostituire.

La mattina che avrei dovuto predicare ero già teso di mio, quando entrando in sala, ascoltai le conversazioni di alcuni membri che si stavano informando di chi avrebbe portato il messaggio quella domenica.

Le conversazioni erano spesso simili a questa: “Ah, non predica Marvin? Chi predica? Marco?!? Se lo avessi saputo manco venivo!” Non era il massimo dell'incoraggiamento per chi doveva predicare per la prima volta.

Evidentemente la conversazione arrivò fino alle orecchie di Marvin, che, quando mi chiamò avanti per predicare, prima che iniziassi mi cinse un braccio attorno le spalle, poi, rivolgendosi alla sala, disse pressappoco così: “Marco oggi inizia il suo impegno come predicatore perché io glie lo ho chiesto; perciò, ascoltatelo con attenzione esattamente come se steste ascoltando me.”

Non è mai facile essere il “sostituto” di qualcuno, soprattutto se quel qualcuno è famoso, talentuoso noto a tutti e da tutti amato; l'accoglienza di chi avrebbe preferito avere l'altro oscilla tra l'indifferente e l'irritato, raramente è un “Wow! Che bello che ci sei te invece dell'altro!

Io, in fondo, ero in pace con la mia chiesa: non avevo conti aperti con nessuno, ed era più facile per Mavin dire “accoglietelo come se accoglieste me”. Ma come sarebbe stato  se io avessi combinato qualcosa di grosso in chiesa? Mi avrebbero accolto ed ascoltato, oppure mi avrebbero tutti girato le spalle?

Su scala enormemente maggiore è quello che prova Onesimo verso Filemone, ed è per quello che Paolo dice:

“Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore.” (Filemone 12)

Filemone avrebbe di sicuro ben voglia di rivedere Paolo, colui che lo ha portato a Cristo, e farebbe salti di gioia accogliendolo... Ma sarebbe lo stresso per Onesimo?

Onesimo è uno schiavo in fuga.  Dovrebbe essere marchiato con una "F" sulla fronte.  È costato tempo e denaro a Filemone.  Filemone ha perso soldi e faccia attraverso la sua fuga.  Logico che non possa provare la stessa gioia nell'accoglierlo che proverebbe se arrivasse Paolo,

Ma guarda cosa dice Paolo a Filemone: 

“Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso. (Filemone 17)

Questo è il versetto chiave dell'intero libro. Mettiti per un momento nei panni di Filemone: vorresti farlo? Accetteresti che Paolo e Onesimo siano uguali?  È Onesimo davvero qualcuno con cui hai comunione...  un benvenuto?

Paolo sta chiedendo a Filemone  di riconoscere che il suo rapporto  con Onesimo è ora cambiato: non è più solo un rapporto “padrone-schiavo”. Si è formato un legame nuovo; un legame significativo che muta lo scenario e il futuro rapporto tra i due.

Allora come si è arrivati a questo punto? Inizia dal versetto 10-11.

“Ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo,  un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me.”(Filemone 10-11)

Durante tutta la mia vita io ho vissuto solamente a Montefiascone, mentre mia moglie ha cambiato  almeno una trentina di posti durante la sua vita.

Ricordo che, quando andammo alla Questura a compilare i fogli per la richiesta di cittadinanza di mie moglie, c'era una sezione dove doveva elencare il luoghi dove aveva vissuto negli ultimi dieci anni: erano due righe sul foglio.  Janet cominciò a scrivere il più piccolo possibile per fa entrare dentro tutti i nomi, fino a quando il funzionario, con gli occhi sbarrati, le prese il foglio, dicendo: “Signora, basta, basta! Non servono altri oltre quelli che ha già scritto!” Meno male – fece Janet – non ero arrivata nemmeno a metà!”

Una delle cose belle di spostarsi  è il cambiare città, vederne di nuove, avere nuovi  amici. Una delle cose brutte è che, quando torniamo  nei luoghi dove avevamo vissuto è vedere che molto è cambiato, sia nei luoghi che nei vecchi amici, dobbiamo constatare che essi sono cambiati; per il luigi di sicuro in aspetto,  per gli amici sia l'aspetto ma anche la mentalità e le attitudini; non sembrano quasi più i vecchi amici di un tempo.

Le persone cambiano...  cambiano continuamente. E questo che Paolo sta sottolineando a Filemone: “Tu sei cambiato, sei diventato credente, stai testimoniando Gesù, hai una chiesa in casa... Ma anche  Onesimo è cambiato!”

Paolo vuole che Filemone riconosca che Onesimo è diverso.  Filemone potrebbe giustamente obiettare: “In che cosa è diverso?” In primo luogo, Onesimo è pentito. Perché lo dico e come faccio a saperlo? Come faccio a sapere che Onesimo  si sia pentito di essere fuggito da Filemone?

Lo dico, perché so come la pensava Paolo sul rapporto che doveva esserci tra servi e padroni. In Colossesi aveva detto:

“Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore.” (Colossesi 3:22)

E lo dico perché so cosa Paolo dice di Onesimo:

“...ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo.” (Filemone 10)

Una nota:  Paolo non benedice la schiavitù dei servi verso i padroni, ma sta  insegnando a neo credenti  come comportarsi nella situazione in cui stanno vivendo e da cui non hanno nessuna possibilità di affrancarsi al momento.

Paolo chiama Onesimo “figlio”; è un figlio generato attraverso la nuova vita in Cristo che è giunta tramite la sua conversone sincera e totale. Paolo non lo avrebbe mai chiamato figlio se non avesse avuto la certezza  del pentimento totale di Onesimo.

Ma Paolo fa molto di più. Come pensi che sia arrivata a Colosse  la lettera che Filemone sta leggendo? Non era inviata per faxo o per email: 

“Te lo rimando...” (Filemone 12 a)

Tutte le lettere di Paolo sono state consegnate a mano; e ora Onesimo, il fuggitivo, sta dinanzi a Filemone,  con una lettera a firma di Paolo, e forse scruta Filemone mentre legge veloce la lettera, col cuore in gola... perché non sa se Filemone lo marchierà con la F del fuggitivo o lo abbraccerà con la F di “fratello in Cristo”.

Onesimo sta rischiando la sua stessa vita portando quella lettera... Ma c'è ancora di più. Paolo dice che Onesimo è trasformato:

“...un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me.” (Filemone 11)

Qui Paolo usa un piccolo gioco di parole: Onesimo (in greco Ὀνήσιμος Onēsimos), significa "utile". Era un nome comune che veniva dato agli  schiavi una volta acquistati.

Attenzione al gioco di parole di Paolo: “Ti mando Utile che ti era inutile, ma adesso è utile a me e a te” egli sta dicendo che Onesimo, “Utile” era “inutile” come schiavo” ma che ora come fratello in Cristo sarà “utile” sia a Paolo che a Filemone.

Di quale utilità sta parlando Paolo? Quale “business” hanno in comune lui e Filemone? Nessuno, tranne il proclamare Cristo al mondo. Paolo afferma: “ L'utile Onesimo come schiavo di Filemone è inutile, ma come schiavo di Cristo è utile a entrambi!

Possono davvero le persone cambiare così? La Bibbia afferma di si:

“Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita.  (Romani 6:4)

Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2 Corinzi 5:17)

“Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.” (1 Pietro 1:3)

Quello che vedete in foto è Johnny Lee Clary. Ha imparato a odiare in tenera età,  essendo cresciuto in una famiglia piena di razzismo, rabbia e bigottismo.

A 14 anni fu sedotto dagli insegnamenti David Duke  il famigerato capo del Ku Klux Klan,  tanto da diventarne “Grand Wizard” un mago imperiale -  un leader di primo piano in un organizzazione  responsabile di attentati, omicidi e innumerevoli altri crimini, tutto in nome di odio e razzismo. Ma la sua vita non era facile.  La sua prima ragazza si rivelò essere un'informatrice dell'FBI.  Ebbe due divorzi; perse tutti i suoi amici. 

Una notte era sul punto di suicidarsi, quando gridò a Dio di liberarlo dalla sua esistenza da incubo. E Dio, incredibilmente per Johnny, rispose.

Da quel momento in poi, Johnny Lee ha usato la sua vita,  le sue esperienze e la sua quasi distruzione  per aiutare gli altri a lasciare lo stesso sentiero di male  che aveva percorso così a lungo.  Divenne pastore di una chiesa. Nel 1995 Johnny fu nominato dal Congresso Americano Direttore Nazionale per l'uguaglianza razziale.

Le persone cambiano. Quando entra Cristo nella loro vita.

Abbiamo visto nelle altre due predicazioni che il perdono non dipende da chi stiamo perdonando, e dal fatto che lui o lei si scusi con noi; il perdono è spesso una via che percorriamo da soli.

Ma qualche volta accade!  Accade che chi ha sbagliato verso di noi si penta, si ravveda, e cambi... senza magari venirci a chiedere scusa, lo so, ma il loro pentimento è reale e lo vediamo dal loro atteggiamento  sia verso gli altri che verso di noi.

Come reagiamo noi? Saremo disposti a  riconoscere che sono cambiati?  Continueremo ad identificare chi ci ha ferito con il male che hanno o ci hanno fatto, o li accoglieremo, come Paolo incoraggia Filemone a fare?

Il vero perdono  passa anche attraverso il fatto di riconoscere che le persone cambiano. Ma c'è anche un altro passaggio:

“Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po’ di tempo, perché tu lo riavessi per sempre;  non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore! (Filemone: 15-16)

Cosa vuole Paolo?  Cosa sta chiedendo a Filemone?

Paolo vuole che Filemone RIABILITI Onesimo, gli renda la dignità,  lo faccia sentire di nuovo parte delle persone accettate.

Paolo vuole che Filemone guardi la situazione  da un'angolazione diversa: “Filemone, so che sei stato ferito. E non dico che Onesimo sia  innocente.  Ma forse Dio aveva uno scopo in tutto questo. Forse tutto serviva perché Onesimo potesse conoscere me, e attraverso me Cristo, e pentirsi, e tornare... non più come schiavo, ma più che uno schiavo, un fratello amato. Forse Dio stava usando questo male per produrre il bene....”

Sapete, succede.  Dio permette talvolta che accadano eventi in se brutti  in modo che le persone siano portate ad avere un rapporto con Lui. 

Ricordate la storia di Giuseppe, figlio di Giacobbe?  I fratelli di Giuseppe erano gelosi di lui e lo vendettero come schiavo. La vita di Giuseppe passò attraverso molti alti e bassi  e alla fine lui divenne il secondo uomo importante in Egitto  dopo  il Faraone.

Quando i fratelli ebbero bisogno di aiuto per il cibo  scoprirono che Giuseppe aveva tutto questo potere.  Allora si offrono a Giuseppe come schiavi. Questo è ciò Giuseppe disse loro:

“Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Vi prego, avvicinatevi a me!» Quelli s’avvicinarono ed egli disse: «Io sono Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse portato in Egitto.  Ma ora non vi rattristate, né vi dispiaccia di avermi venduto perché io fossi portato qui; poiché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Infatti, sono due anni che la carestia è nel paese e ce ne saranno altri cinque, durante i quali non ci sarà raccolto né mietitura.  (Genesi 45:4-6)

O che dire di quello che è successo al figliol prodigo in Luca 15.  Il figlio chiede a suo padre tutta la sua eredità  e la sperpera.  Disperato torna a casa, e chiede di essere uno schiavo del padre.  Invece il padre dice;

"Ma il padre disse ai suoi servi: “Presto, portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,  perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. E si misero a fare gran festa." (Luca 15:22-24)

Qualche volta accade: non sappiamo come, ma Dio sfrutta una crisi un errore, uno sbaglio, un peccato per riaccendere il ricevitore dell'anima di chi lo commette ed entrare di nuovo in contatto con Lui.

Il piano finale di Dio per le nostre vite  non è che la vita sarà facile  e che non ci faremo mai del male. Il piano ultimo di Dio nella vita  è che le persone arrivino a conoscerlo  come il loro Signore e Salvatore.

E noi, come credenti, siamo tenuti a perdonare, a riconoscere il cambiamento e a riabilitare. Questa è la strada che Paolo vuole che prenda Filemone. “Se mi consideri un partner, accoglilo come accoglieresti me.  Perché in Cristo, io Paolo e Onesimo siamo la stessa cosa.”

E' facile? No! Ma  perdono, riconoscimento e riabilitazione guariscono le relazioni interrotte tra marito e moglie.

Perdono, riconoscimento e riabilitazione guariscono le relazioni interrotte tra genitori-figli.

Perdono, riconoscimento e riabilitazione  risanano le relazioni interrotte tra credenti. 

Perdono, riconoscimento e riabilitazione: tutto ciò significa perdonare davvero.

Non è facile vero?  Ma quanto facile è stato  per Gesù perdonarci?  A lui è costatata la croce. L'amore che perdona non è mai gratis per colui che perdona.

Ma l'amore che perdona, riconosce e riabilita porta gloria a Dio, e pace tra il suo popolo.

Siamo alla fine di questa serie sul perdono, dove Paolo ci fa scoprire il vero perdono di chi crede.

Perdorare...

  • Per essere liberi dal passato e dall'amarezza,
  • per chiudere le porte al maligno ed aprirle a Cristo,
  • per modellare noi stessi ad immagine di chi ci ha perdonato
  • per dar forma all'amore con cui siamo stati amati.


Preghiamo.

Padre, siamo così colpiti da questa tremenda lezione di perdono.

Se c'è qualcosa, Signore, nel mio cuore o nei cuori del tuo popolo qui che potrebbe essere in qualsiasi senso visto come un atteggiamento spietato verso chiunque, per favore perdonaci e rimuovilo poiché sappiamo che tu vieti un cuore che non perdona.

Sappiamo di aver peccato contro di te, allo stesso tempo sappiamo che il tuo perdono per noi significa che possiamo perdonare quando le persone peccano contro di noi.

Sappiamo anche, Signore, che la mancanza di perdono ci fa perdere la comunione con gli altri e  la comunione con Te e lascia i nostri peccati non perdonati.

Confessiamo che la mancanza di perdono ci priva dell'amore di altri cristiani e scredita il tuo nome.

Signore, con il tuo aiuto possiamo non essere spietati ma possiamo essere come Paolo che perdonava come Cristo e cercava che gli altri facessero lo stesso, così da poter conoscere la Tua benedizione e la gioia che giunge ai credenti obbedienti per per amore del nostro Salvatore. 

Amen.

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07 novembre 2021

Il perdono modella il come sei | 7 Novembre 2021 |

Dio ti sta modellando affinché tu divenga il suo capolavoro. E il perdono fa parte di quel suo modellarti ad immagine di suo Figlio Gesù.
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Tempo di ascolto audio/visione video: 35 minuti

Due settimane fa abbiamo iniziato a parlare del perdono attraverso la lettera di Paolo a Filemone.

Filemone era un ricco credente di Colosse (in Turchia) che aveva uno schiavo di nome Onesimo che era fuggito ed ora si trovava assieme a Paolo (forse in Grecia),  ed era divenuto credente. Nella lettera Paolo dice a Filemone cosa si aspetta che lui faccia: perdonare Onesimo e riabbracciarlo come fratello in Cristo, non più come uno schiavo fuggiasco.

Paolo lo fa, perché sa che il perdonare può modellare Filemone, renderlo diverso e migliore da quello che è attualmente; e questo vale anche per me e per te.

“Oh bella!- potresti dirmi – come può modellarmi in meglio il fatto di cancellare qualcosa di brutto subìto? Caso mai è il contrario! Le cose brutte mi modellano, mi cambiano, non il fatto di “passarci sopra!"

Partiamo dall'inizio: cosa intendiamo con la parola “modellare”? Questa è la definizione che ne da la  Enciclopedia Treccani:

modellare: v. tr. [der. di modello] (io modèllo, ecc.). – 1. a. Lavorare una sostanza plastica per darle una forma; in partic., nella scultura, plasmare in argilla o altra materia molle il bozzetto o l’opera in grandezza d’esecuzione per la successiva traduzione in marmo, bronzo, ecc.

Se da una parte l'argilla può essere modellata e diventare essa stessa un vaso, un piatto o altro, la definizione dell'enciclopedia ci dice che quando un artista vuole fare un'opera d'arte, prima la fa in argilla per poi farla in marmo o bronzo. Tenete in mente questa immagine.

Iniziamo dal principio: da Genesi:

“Dio il Signore formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente.” (Genesi 2:7)

Il verbo tradotto con “formò” è יָצַר yâṣar, che significa “modellare con le mani in una forma voluta”: esattamente ciò che fa l'artista per fare un modello. Isaia dirà:

“Tuttavia, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo l’argilla e tu colui che ci formi; noi siamo tutti opera delle tue mani.” (Isaia 64:8)

Isaia usa lo stesso verbo: יָצַר yâṣar, e lo usa con un tempo che in ebraico si chiama “participio attivo qal”che indica una azione che si sta già compiendo nel momento che Isaia la dice ma che continuerà nel futuro: non esiste niente di simile in italiano ma per gli amanti della grammatica inglese  sarebbe un “present continous tense”.

Isaia afferma una cosa molto importante: non dice “Ci hai formato, ci hai modellato”, al passato, ma “Ci hai modellato, ci modelli adesso e continuerai a modellarci in futuro”! Adesso, in questo esatto momento in questa sala che sembra il garage degli appartamenti ai piani di sopra, noi continuiamo ad essere argilla nelle mani dell'artista: Dio sta ancora modellando in un prodotto morbido quello che farà in marmo o bronzo.

Come lo fa? Talvolta con gentilezza; pian piano sposta l'argilla con i pollici, e la forma viene che quasi non ce ne accorgiamo. Altre volte non basta la delicatezza, bisogna andare giù di spatola, tagliare, sezionare, staccare, buttare, reimpastare...

Le esperienze potenti modellano il come siamo. Vi faccio un altro esempio. Questo è dal Vangelo di Luca: 

“State attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca, riprendilo; e se si ravvede, perdonalo.  Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte torna da te e ti dice: “Mi pento”, perdonalo». Allora gli apostoli dissero al Signore: «Aumentaci la fede!»  (Luca 17:3-5)

Tenete a mente quell'ultimo versetto: «Aumentaci la fede!»  Ne parleremo alla fine del messaggio.

Le esperienze potenti modellano chi diventiamo.  L'esperienza qui è il perdono di Gesù.

Gesù sta parlando ai suoi discepoli.  Lo seguono e lo ascoltano perché sanno che lui è la risposta.  Lo servono perché cercano scopo e significato per le loro vite.  Si fidano di lui perché hanno visto  come aveva liberato così tante persone dalle catene della malattia e del peccato.

Se leggete i Vangeli, vedrete che Gesù più e più volte prima fa, poi mette seduti i discepoli  e chiede loro:”Avete capito cosa ho fatto?”

Perché? Perché Gesù li sta plasmando. In questo caso il perdono di Gesù serve a plasmarli  per avere un carattere che perdoni.

Guardate cosa dice Gesù ai suoi! “C'è una persona che ti è vicina, a cui vuoi bene,  un fratello, che lo sia nella carne o nella fede è indifferente, che non passa giorno che non sbagli verso di te”.

Fermati un attimo e pensa: in una giornata dove stai sveglio 12 ore, quel tuo fratello ogni ora e tre quarti di ferisce, ti tradisce, pecca contro di te. Come questo modella la tua attitudine verso di lui? “La prossima volta che mi si avvicina gli do una badilata in testa!”, ecco come la modella!

E invece Gesù dice: “No, io voglio che tu sia diverso, sia diversa; io sono l'artista, ed io decido che l'argilla di cui ti ho fatto non deve prendere quella forma che si ritrae, e rifiuta, ma che si apre, ed accetta.”

Un attimo! Gesù mi sta dicendo che, se non perdono chi mi ferisce sono da condannare? Vediamo il contesto in cui stava parlando: la prima parte di questo capitolo di Luca:

“Gesù disse ai suoi discepoli: «È impossibile che non avvengano scandali, ma guai a colui per colpa del quale avvengono! Sarebbe meglio per lui che una macina da mulino gli fosse messa al collo e fosse gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno solo di questi piccoli.” (Luca 17:1-2)

Gesù riconosce che coloro che causano ferite  devono assumersi la responsabilità  e che le loro azioni avranno conseguenze.  Ma sta dicendo che tu, da credente, devi fare la TUA parte. Loro avranno la loro punizione, e non sarà leggera (una macina al collo) ma... se si pentono e tornano e chiedono perdono dovranno trovare una porta aperta, non chiusa.

Il perdono per Gesù non è un'opzione, ma è un dovere.  E la mancanza di perdono è un atto di disobbedienza. Questa è esattamente l'aspettativa che Paolo ha  quando scrive a Filemone.

“Io ringrazio continuamente il mio Dio, ricordandomi di te nelle mie preghiere, perché sento parlare dell’amore e della fede che hai verso il Signore Gesù e verso tutti i santi.  Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo.  Infatti ho provato una grande gioia e consolazione per il tuo amore, perché per opera tua, fratello, il cuore dei santi è stato confortato. (Filemone 4-7 )

Notate che in una sola frase, Paolo richiama due volte alla fede in Gesù.

Siamo onesti: la nostra società è una società  che ci incoraggia a essere persone che non perdonano. I tribunali italiani sono “intasati” da cause di nessun conto, nate dal fatto che il vicino di casa ha l'abitudine di fare il barbeque sul terrazzo e l'odore invade il tuo appartamento. Anche il mondo di Filemone era così.

Filemone è chiamato a riaccogliere Onesimo... Ma c'è un problema pratico!

Di solito quando uno schiavo scappava, e poi veniva trovato, il proprietario lo marchiava con la lettera "F"  sulla fronte.  “F” che sta per il latino ”fugitivus”, fuggitivo. Sarà un segno che durerà per tutta la vita  che ti identificherà  non solo quando sei schiavo  ma anche quando e se tornerai libero: sei un “inaffidabile”, un fuggiasco, un traditore.

Ma ora Onesimo è un credente, salvato, al pari di Filemone Cosa farai ora Filemone? 

“Sento parlare della tua fede nel Signore Gesù e del tuo amore per tutti i santi.”(Filemone 5)

Notate la parola “fede” e la parola “santi”. Paolo sta dicendo a Filemone: “Che tipo di carattere hai?   In che modo l'artista Gesù sta modellando l'argilla di cui sei fatto per produrre una statua di te in bronzo o marmo?” 

Onesimo come credente in Cristo, è un “santo”, in greco “ἅγιος hagios. Vi continuo a ricordare che “santo” nella Bibbia non significa avere l'aureola in un dipinto, né essere stato proclamato dal Vaticano e nemmeno stare sul calendario, ma significa “messo da parte, separato, scelto”.

“Tu ami i santi, Filemone... Beh, sappi che anche Onesimo è un santo... Cosa ti ha detto di fare Gesù, Filemone?” La Scrittura dice che se qualcuno pecca contro di te, devi perdonarlo.  La Scrittura dice: perdona, proprio come in Cristo Dio ti ha perdonato.  La Scrittura dice: perdona e sarai perdonato.

A questo punto tu sei autorizzato a rispondermi: “OK, Marco, prometto di perdonare tutti gli altri credenti persino di farlo sette volte al giorno... ma per quanto riguarda gli altri... mazzate e male parole, vero?”

Tu ricordi l'immagine iniziale? Quella di un artista che sta modellando la creta di cui sei fatto, di cui sei fatta per poi trarne una statua in marmo o bronzo? Ti informo che Dio non vuole fare due statue, una da mostrare ai credenti ed una ai non credenti...

“Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, ringraziando Dio Padre per mezzo di lui.” (Colossesi 3:17)

In originale la parola “qualunque” è πᾶς pas   significa... “qualunque, tutto, qualsiasi”. Ammetti che speravi ti dicessi che significa “qualunque ma basta che siano credenti”! Se tutto deve essere fatto per Gesù, indistintamente, sia ai fratelli nella fede che agli altri, allora anche il perdono deve essere dato tutto; a qualsiasi persona, credente o meno.

Paolo dice di Filemone  che ha sentito parlare della tua fede nel Signore Gesù; era “famoso”, la gente in giro ne parlava... È questo che la gente sente quando parlano di me e di te?  Filemone ha una reputazione: “Quell'uomo, lui si che ama Gesù!”  La sua relazione d'amore con Gesù “fa rumore”... E la mia? E la tua?

Anche se può non sembrare a chi non vive con me io ho un carattere “esplosivo”; sono buono e caro per gran parte del tempo... ma quando mi si chiude la vena... beh, è bene non stare nei paraggi.

E, credetemi, adesso sono un “cioccolatino” rispetto a quaranta anni fa... Quale è la differenza? Che non “esplodo” più? Beh, capita ancora... certo, nulla in confronto a quando avevo venti anni! Non è buono e continuo a lavorarci su.

Ma la differenza fondamentale sta nel fatto che un tempo se io e te litigavamo, te per me eri morto... L'avevo visto fare da mio padre... Grande uomo, grande politico, amava la sua famiglia, gli piaceva ridere e scherzare... Ma non dovevi osare di tradire la sua fiducia:  non ti avrebbe più visto neppure se ti dipingevi di bianco su uno sfondo nero; tu, non esistevi più.

Io ero così; un giorno un mio amico credente mi confrontò su questo aspetto, ed io, per difendermi risposi: “Eh, lo so, ma che vuoi fare! Io sono fatto così!”.

Sapete quale fu la sua reazione? Si alzò, e quasi urlando mi disse: “NON TI PERMETTO DI OFFEDERE IL MIO CREATORE! Tu sei creta nelle sue mani, è lui che ti modella perché vuole fare di te un'opera d'arte! Ma sta a te lasciarlo fare, obbedendo ai suoi comandamenti!” Mi avrebbe fatto meno male un pugno in piena faccia.

L'amico mi stava dicendo: “Le persone perdonate non si comportano così. E se vuoi comportarti così,  prima togli l'adesivo col pesciolino dalla tua macchina, smetti di servire in chiesa, anzi, non dire neppure che ci vieni perché stai dando una cattiva fama a Cristo e al mio Creatore.”

Dio mi stava modellando attraverso le parole dell'amico, e non era un modellare lento e dolce, ma un colpo di spatola, qualcosa che “staccava pezzi”  che faceva male...

Ho dovuto allora fermarmi per un po' guardare bene il tuo cuore, capire chi era per me Gesù... e capire cosa significasse perdonare. Ed è la stessa cosa che Paolo sta chiedendo di fare a Filemone:

“Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo.(Filemone 6)

Terza volta che Paolo parla di fede. Filemone era un uomo capace, ed anche un uomo con una buona conoscenza di chi fosse Dio e Gesù: Paolo gli dice:  “Trasforma la tua conoscenza in esperienza. Trasformala in una azione.”.

Perché la conoscenza del perdono e della salvezza porta  brivido ed euforia, ma l'esperienza  di perdonare e salvare altri porta impegno, sudore, lacrime... Perdonare, per chi perdona, non è gratis... a Gesù è costato la croce!

Siamo argilla... Lasciatemi fare una piccola parentesi. Sapete la caratteristica dell'argilla, vero? Che dopo un po' si secca, e diventa dura, e non è più possibile modellarla. Per continuare a tenerla morbida bisogna costantemente aggiungere acqua, altrimenti l'artista non potrà fare il suo modello.

Di che consistenza sei diventato, sei diventata negli anni? Più diventiamo aridi, più il Signore avrà difficoltà a fare di noi il modello della statua di marmo o di bronzo.

Sapete, quando sono andato a fare la vaccinazione, l'infermiera che mi iniettava il vaccino, osservando la mia pelle mi ha detto: “Ma lei beve troppo poco! La sua pelle è disidratata! Torni a casa e beva almeno due litri di acqua al giorno per la prossima settimana! Se non beve abbastanza avrà tutti gli effetti indesiderati che vuole dal vaccino!”.

Debbo forse spiegarvi quale sia  l'acqua per chi crede in Gesù?

“Chi ha sete, venga da me e beva! Da chi crede in me, come dice la Scrittura, sgorgheranno fiumi d'acqua viva". (Giovanni 7:37-38)

Quante volte “bevi” l'acqua di Gesù a giorno... o a settimana... o al mese... o all'anno? Quante volte apri la fonte da cui sgorga? Quante volte apri la Bibbia e la leggi?

Torniamo a Filemone, che ora sa di essere costretto da Cristo a perdonare: Paolo gli dice ancora:

“Infatti ho provato una grande gioia e consolazione per il tuo amore, perché per opera tua, fratello, il cuore dei santi è stato confortato. (Filemone 7)

Mettiti per un momento nei panni di Onesimo.  Sai di aver sbagliato.  Sai di aver causato dolore.  Sai che legalmente Filemone potrebbe farti marchiare con la "F".  Tu, Onesimo, sei alla mercé di Filemone. Vuoi solo il perdono.

Paolo sta dicendo a Filemone: “Tu, fin qua, hai agito bene,  e le persone sono state edificate dal tuo comportamento. Adesso viene la “prova del nove: Cosa farai, Filemone: marcherai con la F Onesimo, o lo perdonerai?”.

La parola tradotta qui con “confortato” in origine è ἀναπαύω anapauō, ed è un termine militare usato per un esercito  che fa una marcia, si ferma e si riposa.

“Filemone, fino ad ora tu hai dato ristoro all'anima dei tuoi compagni di battaglia in Cristo... Se perdoni questo tizio,  che per legge puoi marchiare a vita, se lo abbracci non come uno schiavo ma come un fratello, questo avrà un impatto enorme in chi lo vede. Filemone non pensare al caso specifico, guarda l'intera immagine dall'alto, guarda quanto bene può provocare il tuo perdono... e guarda come il perdono può modellare chi sei.”

E' una decisione dura da prendere:  perdonare incondizionatamente chi ti ha fatto del male. Vi ricordate cosa avevano i discepoli a Gesù quando gli aveva chiesto di perdonare in un simile modo?

«Aumentaci la fede!» (Luca 17: 5 b)

I discepoli stavano dicendo: “Gesù, quello che ci chiedi umanamente è troppo! Ci vorrà una fede speciale per farlo!  Perché quella che abbiamo adesso è sufficiente a perdonare un po', magari tre volte, massimo quattro, ma perdonare sette volte e tutti i giorni, beh, per quello ci vuole una fede “super”.” E sapete come risponderà Gesù, vero?

“Il Signore disse: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: “Sràdicati e trapiàntati nel mare”, e vi ubbidirebbe.” (Luca 17:6)

Gesù gli risponde che non serve una fede “super”, ma che, semplicemente, serve “fede”... Anche piccola come un seme di senape (che è minuscolo)... Ma una fede, una fiducia, una voglia di fare ciò che lui chiede di fare; una fede in colui che ti sta modellando affinché tu diventi il suo capolavoro.

Paolo, per tre volte in due versetti, a parlato a Filemone non di perdono, ma di fede!

modellare:.lavorare una sostanza plastica per darle una forma; in partic., nella scultura, plasmare in argilla o altra materia molle il bozzetto o l’opera in grandezza d’esecuzione per la successiva traduzione in marmo, bronzo, ecc.

Siamo di nuovo qua, dove abbiamo iniziato. Dio ti sta modellando: ciò che sei adesso, è il modello in argilla che durerà per un tempo breve di ciò che sarai in eterno,  molto più che in marmo o bronzo, quando sarai in Cielo assieme a Cristo e a tutti i suoi santi.

Che forma vuoi avere? La tua forma, o quella decisa dall'artista che è al lavoro per fare di te un capolavoro?

Non ti serve una fede super, ma semplicemente fede  in colui che ti modella.

Il perdonare è parte della sua opera di modellare te nella forma che Lui vuole.

Preghiamo.

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24 ottobre 2021

Perché dovrei perdonare? | 24 Ottobre 2021 |

La via per la liberazione da un passato doloroso consiste nel liberare se stessi dal male delle offese subite. Perdonare è l'inizio della guarigione.
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Oggi iniziamo una serie di  tre predicazioni sul perdono. Il perdono è, assieme alla croce, il punto centrale del cristianesimo. Per poter ricevere il dono di vita che rappresenta la croce attraverso la resurrezione devo cominciare dal perdono.

Perché dico questo? Perché siamo divenuti figli di Dio perché siamo stati perdonati da Dio. Non siamo più sotto la legge che ci condanna ma sotto la grazia che ci salva perché abbiamo ricevuto il perdono da Dio.

Capire bene cosa significhi “perdono” è fondamentale per chi crede in Cristo. Gesù, quando ci ha insegnato come pregare, ha parlato del perdono come di una strada a doppio senso:

“E perdonaci i nostri debiti, come anche noi perdoniamo ai nostri debitori.” (Matteo 6:12 ND)

Vorrei partire da una domanda: cosa significa per voi “perdonare”? Significa “mettere da una parte” il passato, o cancellarlo? Scavalcare il torto subito, o prendere pala e piccone e demolirlo?

Questa è la definizione che ne fa l'enciclopedia Treccani:

Perdonare: non tenere in considerazione il male ricevuto da altri, rinunciando a propositi di vendetta, alla punizione, a qualsiasi possibile rivalsa, annullando completamente ogni risentimento verso l’autore dell’offesa o del danno.

E' accurata come definizione? Beh, per il modo umano di vedere il mondo direi di si... Ma mi chiedo se lo sia anche  per il modo di vedere il mondo di Dio.

Questo è il modo in cui la società definisce il “perdono”: annullare senza limite, completamente; ed è una buona cosa, senza dubbio.

Vedete che già c'è un concetto fondamentale: il perdono è qualcosa che riguarda soprattutto chi perdona: colui (o colei) che perdona rinuncia, annulla “cede” qualcosa a favore dell'altro.

E nella Bibbia? Se prendiamo  solo il Nuovo Testamento la parola, usata 58 volte, in greco è “aphiemi”,    e significa “liberare; lasciare andare; sciogliere, slegare”.

Veniva usata quando un debito veniva cancellato, o  quando veniva sciolto un contratto,  un impegno o una promessa.

Vorrei che teneste a mente queste due definizioni: quella del mondo, per cui perdonare è “rinunciare completamente al risentimento” e quella del Nuovo Testamento che “liberare, sciogliere, slegare”

Cè un libro nel Nuovo Testamento, che è composto di un solo capitolo e dove, per altro, la parola “aphiemi”,  “perdono” non viene mai usata, ma che parla espressamente  di come un credente dovrebbe perdonare: sto parlando della Lettera di Paolo a Filemone.

Sono solo 25 versetti, li leggiamo tutti così potrete vantarvi   di aver letto un intero libro della Bibbia in una sola giornata!

“Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d’armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo. Io ringrazio continuamente il mio Dio, ricordandomi di te nelle mie preghiere, perché sento parlare dell’amore e della fede che hai verso il Signore Gesù e verso tutti i santi. Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo. Infatti ho provato una grande gioia e consolazione per il tuo amore, perché per opera tua, fratello, il cuore dei santi è stato confortato. Perciò, pur avendo molta libertà in Cristo di comandarti quello che conviene fare, preferisco fare appello al tuo amore, semplicemente come Paolo, vecchio e ora anche prigioniero di Cristo Gesù; ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo, un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore. Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria.  Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po’ di tempo, perché tu lo riavessi per sempre; non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore! Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso. Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, lo scrivo di mia propria mano: pagherò io; per non dirti che tu mi sei debitore perfino di te stesso. Sì, fratello, io vorrei che tu mi fossi utile nel Signore; rasserena il mio cuore in Cristo. Ti scrivo fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel che ti chiedo. Al tempo stesso preparami un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi restituito. Epafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, ti saluta. Così pure Marco, Aristarco, Dema, Luca, miei collaboratori. La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.”  (Filemone 1-25)

Ci sono altri posti nel Nuovo Testamento dove si parla di perdono; pensate alla parabola del Figliuiol Prodigo.

Questo libro non parla del perdono come una parabola o un principio.  Il perdono qui è molto personale e molto pratico.  Ecco perché ci concentreremo su questo piccolo libro nel prossime settimane.  Per capire meglio cos'è il perdono.

I protagonisti principali della lettera sono Filemone e Onesimo.

Filemone era divenuto cristiano attraverso il ministero di Paolo Apostolo Paolo lo chiama “caro amico” e “compagno di lavoro”. Paolo ha una grande ammirazione per Filemone  ed è davvero grato per l'esempio cristiano che Filemone dà.

Onesimo, invece era uno schiavo che era fuggito dal suo padrone, Filemone.

Ora mettiti nei panni di Filemone; hai uno schiavo  (e ti ricordo che, all'epoca, gli schiavi non erano ritenuti esserei umani ma cose, beni, proprietà con un valore in danaro  perché o erano stati comperati, o erano divenuti schiavi per ripagare un debito troppo grande).

Ad un certo punto questo schiavo scappa via.  Magari lo avevi anche trattato bene. Hai subito sia un danno economico  (cerca di non pensare con la mente di un occidentale del 2021  e neppure di un credente); sia  una offesa personale.  Sei “giustamente” arrabbiato; che se ti capita lo schiavo a tiro non gli fai carezze.

Poi un giorno ricevi una lettera...  da chi ti ha portato ad essere “perdonato”, ti ha mostrato una nuova vita in Cristo, ti ha letteralmente salvato: l'Apostolo Paolo ti scrive così

“Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d’armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.” (Filemone 1-3)

Già il fatto che un “gigante” della fede  come Paolo ti scriva, e che poi sia lui il mezzo che Gesù ha usato per salvarti è qualcosa di unico; beh, posso pensare che Filemone aveva il cuore che gli batteva a mille! Altro che la lettera della fidanzata!

Ma poi, leggi sotto, e c'è Paolo che ti dice: “A proposito, lo sai dove è il servo che è scappato? E' qui di fianco a me!”

Continui ancora a leggere  e la mascella ti cade a terra: “Ma lo sai! Non solo è qui accanto a me, non solo mi sta dando una gran mano, ma è diventato anche lui cristiano come te e me!”

Come la prendi tu?  Se la prendi male, bruci la lettera e spedisci la polizia a riprendere Onesimo. Se la prendi bene pensi:  “Beh, meno male, adesso Paolo me lo rispedisce indietro, visto che ora è cristiano prometto che non lo frusto, ma almeno rientro dell'investimento.”

Non fai in tempo a pensare così che leggi sotto Paolo che ti dice: “Ah, a proposito, mi sa che è più utile qui da me che lì da te... e mi sa anche che devi proprio metterci una pietra sopra al fatto che è scappato.”

Che dite, quanto sarà stato capace Filemone di “ingoiare”? Si sarà strozzato? Sarà corso a prendere un bicchiere d'acqua per mandare giù tutta 'sta roba?

Ma Paolo fa molto di più. Se siete sposati, avete presente quando vostra moglie entra in salotto e dice pensando a voce alta: “Eh! Ci sarebbe da sistemare la finestra della camera...” Questo è quello che sentite, ma quale è il messaggio? “Vai a sistemare la finestra della camera!”

Oppure, se siete donne, avete presente quando vostro marito, tuffa la testa dentro al cassetto delle camice e mentre fruga dentro in cerca di qualcosa che non trova dice ad alta voce: “Ci sarebbe da lavare le tre camice bianche”. Questo è quello che  sentite, ma il messaggio quale è? “Vedi un po' di lavarmi al più presto le tre camice bianche!”

Paolo qui fa la stessa cosa con Filemone:

 “Avrei voluto tenerlo con me (vs.13) un fratello caro specialmente a me,  (vs.16) vorrei che tu mi fossi utile nel Signore; (vs.20)

Paolo sta cercando di far capire (senza dover dire) quello che si aspetta da Filemone facendogli credere che sarà una sua “libera decisione”: “Eh... sarebbe tanto bello se Onesimo me lo lasci qua.”

Anzi, si spinge a dire che la fuga di Onesimo era stata pure una cosa voluta da Dio:

Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po’ di tempo, perché tu lo riavessi per sempre;

 non più come schiavo, ma molto più che schiavo, (vv.15-16) accoglilo come me stesso.(vs.17)

E se per un microsecondo a Filemone gli era passato per la mente: “Si, si... Fammelo avere qua e vedi te che gli faccio...” Paolo mette subito a posto la situazione e Filemone rimette via frusta e bastone:

preparami un alloggio, (vs.22)

Insomma “Arrivo anche io assieme a lui”.

Che dite, Paolo sta mettendo FORSE un po' di pressione sul povero Filemone?

Vi voglio far vedere come Paolo apre di solito le sue lettere:

Paolo, servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo...” (Romani 1:1).

“Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio...” (1 Corinzi 1:1)

“Paolo, apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo...”  (Galati 1:1)

E invece, quando scrive a Filemone, inizia così:

“Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d’armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua...” (Filemone 1-2)

Vorrei vedere con voi questi due versetti in profondità: 

Paolo, prigioniero di Cristo Gesù(v.1a) 

Paolo sa che deve chiedere a Filemone qualcosa di veramente enorme: perdonare uno schiavo fuggito, lasciare che quella sua proprietà rimanga lontana, rinunciare al diritto che la legge dell'epoca gli avrebbe dato  di fare brutte cose su Onesimo, ed accogliere un fuggiasco come un fratello.

Paolo non si presenta come un apostolo,  con l'autorità che gli compete, ma come uno “prigioniero di Cristo”, uno schiavo... come Onesimo.

e il fratello Timoteo, (v.1b)

Filemone sapeva chi era Timoteo: Paolo gli dice: “Timoteo è in questo con me. Ha contribuito a fondare nuove congregazioni. Sta conducendo una chiesa a Efeso. Ha lavorato per il Vangelo insieme a me. È un uomo del regno.”

al caro Filemone, nostro collaboratore (v.1c)

Paolo dice: “Io, Timoteo, e te, stiamo lavorando per Cristo. Hai ricevuto la grazia di Gesù, ora  la stai trasmettendo ad altri. Sei un uomo del regno.”

alla sorella Apfia (v.2a)

Molti studiosi concordano sul fatto  che questa sia la moglie di Filemone. Paolo dice: “Lei è parte della squadra.  Lei è  con te  mentre trasmetti il ​​Vangelo.  È una donna del regno.”

ad Archippo, nostro compagno d’armi (v.2b)

Paolo chiamerà solo un'altra persona “compagno d'armi”:  Epafrodito che era un leader  nel chiesa  a Filippi.  Archippo è il leader locale presso la chiesa di Filemone  che si riunisce a Colosse. “Anche lui è un uomo del regno” dice Paolo.

alla chiesa che si riunisce in casa tua (v.2c)

Filemone è un uomo di notevoli mezzi; Paolo gli dice:  “ Tu stai usando la tua casa a Colosse per riunire altri prigionieri di Cristo:  Sono persone del regno.”

Capite la strategia di Paolo? Quello che Paolo sta facendo vedere a Filemone è una immagine molto più grande di quella che lui potrebbe vedere  se pensasse solo ad uno schiavo fuggito: lo fa concentrare su quell'immagine totale, glie la fa quasi vedere dall'alto,  come con un drone: Fratelli. Compagni di lavoro. Soldati. Una Chiesa.

E ora Onesimo è uno di loro!  Non è più uno schiavo in fuga! C'è un progetto sotto quella sua fuga! “Lo vedi anche tu il progetto, vero Filemone?”

Certo che era uno schiavo fuggiasco!  Ma questo era prima che Gesù  entrasse nella sua vita e la cambiasse.

Per la legge Onesimo è un latitante.  Per la Grazia Onesimo è un membro della stessa famiglia di Filemone. È un uomo del regno.

E tutto questo ora pone Filemone nella posizione  di dover perdonare per amore di quella comunione che loro due hanno in Cristo. Nelle prossime settimane parleremo di questo perdono.

Tu potresti giustamente dirmi: “Marco, che c'entro io con tutto questo? Non ho schiavi in fuga, e neppure schiavi. Cosa cerchi di insegnarmi oggi?"

Io ti rispondo con una domanda: “Perché la Bibbia contiene una lettera così personale  di un proprietario di schiavi che ha bisogno di perdonare?”

Vi do un aiuto: vi ricordate le due definizioni di perdono di cui ho parlato all'inizio?

Quella del mondo, per cui perdonare è “rinunciare completamente al risentimento”” e quella del Nuovo Testamento che “liberare, sciogliere, slegare”? Secondo voi Paolo quale tra queste due sta chiedendo a Filemone di applicare verso lo schiavo Onesimo?

Ovvio: “liberare, sciogliere, slegare”. Paolo sta dicendo a Filemone: “Slega Onesimo! Libera Onesimo, e così libererai te stesso per l'opera di Cristo! Solo così potrai continuate ad essere efficace per Cristo!”

Perdonare in senso cristiano è  sia slegare l'altro sia se stessi da un peso, da un laccio, da una catena: è lo è per almeno  quattro ragioni.

I. Perdonare mi libera dal passato

In primo luogo, se non perdoni rimarrai imprigionato dal passato.  Se continuiamo a tenere il dolore, o l'angoscia, o il risentimento, o la rabbia...  ... se continuiamo a farlo ci incateniamo al passato.

È come grattare una piaga perché prude. Ti darà sollievo per un po'... . Ma più gratti , peggio ottieni.  Alla fine avrai una ferita  che è molto peggio della piaga originale.

La mancanza di perdono non lascia mai guarire una ferita.  E quando ciò accade tra persone del regno, tra credenti che stanno lavorando insieme,   diventa una ferita che ha un impatto  sulla nostra capacità di diffondere il Vangelo.

II Perdonare mi libera dall'amarezza

Un secondo motivo per cui è importante perdonare  è perché, quando non lo facciamo,  diventiamo persone amare. E più non perdoni più amaro, o amara diventi

Più a lungo ricordi l'offesa, più dati accumuli su di essa.  Più dati accumuli, più il problema occupa il tuo pensiero.  E più occupa il tuo pensiero più modella sostanzialmente la tua persona E la ferita diventa un'infezione.

III Perdonare chiude la porta al maligno

Una terza ragione per cui è importante perdonare   è perché, quando non perdoniamo,  apriamo la porta del nostro cuore a satana. 

La mancanza di perdono stende un tappeto con su scritto “welcome”  e invita i demoni a entrare.  La Scrittura è chiara su questo punto.

“Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira  e non fate posto al diavolo.. .”(Efesini 4:26-27)

Dove hai rabbia irrisolta,  dove hai amarezza irrisolta,  dove hai spirito che non perdona,  hai ceduto il posto al diavolo. E una volta che ha un punto d'appoggio  la scalata al resto della nostra vita diventa molto più facile.

IV Perdonare apre il mio rapporto con Dio

Un quarto motivo, e forse il più importante,  per cui è importante perdonare è perché,  quando non perdoniamo,  ostacoliamo il nostro rapporto con Dio. 

Gesù ha detto:

“Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi;  ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.” (Matteo 6:14-15).

Se non sono a posto con il mio prossimo, allora non sono a posto con Dio : perché mai dovrei condannarmi all'essere distante da Dio e dal non ricevere la sua benedizione? 

Conclusione

Questa lettera personale a Filemone  ci costringe a farci una domanda molto personale:  “Che tipo di persona voglio essere?  Incatenata al mio passato?  Controllata dall'amarezza?  Che apre il cuore a satana?  Che ostacola la mia comunione con Dio?"

Oppure voglio essere una persona  che perdona  come Dio mi perdona?

Preghiamo.

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02 maggio 2021

Percepire Dio coi miei sensi - Vedere Dio | 02 Maggio 2021 |

E' possibile vedere Dio? E se si, a cosa mi servirebbe come credente vederlo? Gesù ci mostra come sia possibile vedere il Padre attraverso il Figlio, e come questo sia importante per poter crescere assomigliando a Lui e per sapere che Lui mi vede attraverso suo Figlio.
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Tempo di lettura: 12 minuti 
Tempo di ascolto audio/visione video: 31 minuti

Questa settimana iniziamo un ciclo di messaggi legati ai nostri “sensi”.

Viviamo in un mondo multisensoriale e i cinque sensi  - vedere, toccare, gustare, udire, odorare -  ci sono stati dati come doni di Dio fin dalle origini della creazione.  Visto che sono un dono da Dio possono aiutarci a sperimentare e a crescere  nella nostra relazione con  il Signore,

E' possibile vedere Dio? 

Giovanni afferma due volte:

“Nessuno ha mai visto Dio; ”. (Giovanni 1:18 – 1 Giovanni 4:12)

E' su questa base che la gente afferma spesso di non credere: “Non posso vederlo, e le cose che non si possono vedere, o dimostrare anche se minuscole che ci sono, non esistono.”

Spesso noi credenti risolviamo tutto dicendo: “E' un problema di fede: io so che esiste anche se non lo vedo, perché ho fede.”

Stiamo rispondendo bene? Si.. e no!

Si, perché la fede è un dono di Dio, come la nostra vista, e no, perché non tutto quello che esiste si vede.

Urbain Le Verrier, un matematico francese nel 1800, scoprì attraverso i suoi calcoli che esisteva un altro pianeta dopo Urano,  anche se nessuno lo poteva vedere: ci vollero oltre 100 anni per avere una foto di Nettuno.

Per cui mi serve la fede per sapere che Dio esiste, ma posso anche VEDERE che Dio esiste... se smetto di volerlo vedere con il mio metodo “umano”.

Un Dio a forma di uomo

Il problema è che noi ci aspettiamo di vedere Dio come fosse “un uomo molto grosso”, un “omone con superpoteri”, e ne cerchiamo le tracce come si fa con quelle dei dinosauri: le misuriamo, vediamo la profondità e stabiliamo quanto era alto e quanto pesava il T-Rex!

Che sia un metodo sbagliato ce lo dice proprio Dio  nel Salmo 50:

“...tu che detesti la disciplina e ti getti dietro alle spalle le mie parole? Se vedi un ladro, ti diletti della sua compagnia e ti fai compagno degli adùlteri. Abbandoni la tua bocca al male, e la tua lingua trama inganni. Ti siedi e parli contro tuo fratello, diffami il figlio di tua madre. Hai fatto queste cose, io ho taciuto, e tu hai pensato che io fossi come te; ma io ti riprenderò e ti metterò tutto davanti agli occhi. (Salmo 50: 17-21)

Pensavi che fossi come te

Guardate il versetto 21:

“...tu hai pensato che io fossi come te; ma io ti riprenderò e ti metterò tutto davanti agli occhi...” (v 21)

Il problema è che noi pensiamo a Dio anche inconsciamente (ne sono prova tutti i dipinti sacri) più o meno con la nostra forma sia fisica che morale; e cominciamo a dire: “Io crederei se...” “...se facesse cessare tutte le guerre....  “....se facesse guarire tutti dal Covid...  ma il Covid c'è, per cui Dio non esiste.”

Siamo onesti, se Dio facesse cessare il Covid in questo preciso istante, ci sarebbero migliaia di ore in TV con migliaia di esperti che spiegherebbero per filo e per segno che il virus è cessato per un certo motivo biologico, o fisico, o di radiazioni, senza pensare che è Dio che ha inventato la biologia, la fisica e le radiazioni ed è lui che le domina e le fa agire.

Un miracolo così grande non avrebbe alcun impatto, perché le persone non vogliono vedere Dio. Paolo dice:

“L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia; poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato come Dio, né lo hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d’intelligenza si è ottenebrato.” (Romani 1: 18-21)

Eppure Dio è facile da vedere

In che modo, e, soprattutto, in che forma posso vedere Dio, allora?

“Tommaso gli disse: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo sapere la via?» Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche mio Padre; e fin da ora lo conoscete, e l’avete visto». Filippo gli disse: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gesù gli disse: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre; come mai tu dici: “Mostraci il Padre”?” (Giovanni 14: 5-9)

Nella Bibbia i miei eroi sono Pietro Tommaso, Filippo... perché sono come loro  nelle parti “brutte” del loro carattere.

Sono “focoso”, esplodo come Pietro, e sono pieno di dubbi, come Tommaso...  e sono “ottuso” come Filippo... ma so che Gesù li amava,  e ha fatto grandi cose attraverso loro... E da questo so che mi ama e vuole fare grandi cose attraverso me... e te!

Gesù ama Tommaso, e non gli dice  “sei un cretino, che pensi a una strada, ad una via, magari vuoi una mappa per seguirmi” . Ma gli dice che è lui la strada,  e anche molto di più: lui è l'immagine di Dio.

Allo stesso modo ama Filippo, e non gli dice  “sei un ebete che dopo tre anni vissuti assieme a me ancora non hai capito che io sono Dio”. Ma gli dice che non serve vedere il Padre, perché già lo hanno di fronte, e da tre anni.

IO sono come Tommaso, che voglio una mappa di cosa fare dove andare, dove svoltare per fare bene la strada che mi porta a Dio.

IO sono come Filippo, che ho brama, muoio di curiosità per VEDERE braccia piedi e barba di Dio mentre mette a posto le cose che non vanno nel mondo, fisicamente, tirandosi su le maniche...

E, invece, Gesù, mi dice: “Marco, non troverai la strada, e non vedrai Dio  finché non  avrai sperimentato  una relazione costante con me!”

Che significa non “ho sentito parlare di Cristo” MA “ho visto Cristo”. Non “leggo la Bibbia “,  non “vengo in chiesa” ...  MA “Ho guardato Cristo e imparato da Cristo e ho capito che lui  è Emmanuele, Dio con noi?”

Dio nella carne

Se Gesù è l'immagine di Dio nella carne, allora quale è l'immagine che vedo? Non quella di un “omone”, e neppure quella di un supereroe... Quelle sono le immagini umane che mi sono fatto io...

“Ed ecco un lebbroso, avvicinatosi, gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, se vuoi, tu puoi purificarmi».Gesù, tesa la mano, lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato». E in quell’istante egli fu purificato dalla lebbra.” (Matteo 8:2-3)

“Più tardi, Gesù e i suoi discepoli andarono a pranzare in casa di Matteo e fra gli invitati c'erano molti truffatori, colleghi di Matteo, ed altra gente dalla cattiva reputazione.I Farisei erano indignati per questo fatto, e chiesero ai discepoli: "Perché il vostro maestro va a mangiare con tale gente?"» “ (Matteo 9:10-11)

L'immagine di Dio che mi restituisce guardare a Gesù, è quella di un Dio seduto tra i  “peccatori” che, invece di giudicarli, li ascolta, che conversa con loro, che “tocca gli ammalati” senza provarne schifo. Il cui programma principale  non è fermarsi e dimostrare che ha muscoli, ma orecchie per ascoltare,  e mani per toccare.

E' per quello che non è nato nel palazzo di un re, ma in una mangiatoia di una stalla, da una ragazza adolescente, e non da una principessa; da un artigiano, e non da un re.

Gesù sedeva tra persone ritenute indegne dalla società, ritenute “malate” e per quella malattia giudicate  come qualcuno che avesse fatto qualcosa  per il quale Dio li stava punendo.

Se davvero mi serve, se voglio un'immagine di Dio, eccola! Gesù che arriva tra gli ultimi e dà loro il valore  e si siede in mezzo a loro  e li incoraggia. 

Il Dio che ha fatto i cieli  che prova piacere a sedere con i peccatori. Il suo programma principale è ricordarci che vede ognuno di noi.  Ai suoi occhi siamo unici.  Noi siamo degni di attenzione e amore.  Ci ascolta quando andiamo a Lui in preghiera. 

L'immagine di Dio che vedo in Gesù è che quando pensiamo di non essere degni,  quando siamo trattati dagli altri come di seconda, terza, quarta classe,  ecco, lui è seduto esattamente al nostro fianco.

Sappiamo di essere importanti, amati e curati. Vediamo la grazia di Dio e l'amore di Dio in azione  quando vediamo Gesù.

Un Dio che prega per tutti

Tu potresti dirmi:  “Beh, è chiaro, lui si siede accanto a chi crede in lui, ed ama solo chi a lui si affida.”

“Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!” (Luca 13:34)

“Quando furono giunti al luogo detto «il Teschio», vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». (Luca 23:33-34 a)

E invece, troviamo Gesù che prega per coloro che lo hanno rifiutato, per coloro che lo stanno inchiodando ad una croce.

Vedere Dio non basta.  Sedersi sulla spiaggia e guardare il sole sorgere e dire:  "Wow! Guarda quello che ha fatto Dio!" . Questo lo può dire anche un mussulmano, o un Buddhista, o un Sik, o uno della New Age.

Bisogna vedere Dio non come un “omone con i superpoteri”, un Dio di sola “azione”, ma soprattutto come un Dio di “relazione”.

E' per quello che Gesù ci dice che, se vuoi vedere Dio, devi guardare a lui: non è venuto con “effetti speciali” ma con “affetti speciali”  verso gli uomini e le donne,  i bambini e gli anziani, i ricchi e i nullatenenti... Tutti!

Come colui che parla di perdono e di grazia; che entra nelle nelle vite dei peccatori e porta redenzione, connessione, relazione. 

Attenzione però al pericolo di far diventare Gesù e l'immagine di Dio come colui che tutto perdona e sempre perdona qualsiasi cosa facciamo.

“Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato».” (Giovanni 2:14:16)

“Molti mi diranno in quel giorno: “Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?” Allora dichiarerò loro: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!” (Matteo 7:22-23)

Se è vero che l'immagine di Dio, quella che vediamo attraverso Gesù, è amore, è anche vero che in essa c'è anche l'immagine della giustizia: e dove c'è giustizia,  ci deve essere anche giudizio. Se ti concentri solo sull'amore,  non hai un quadro completo di Dio. 

Il problema come uomini e donne è che vogliamo mettere Dio in una scatola, e tirarlo fuori quando ci fa comodo. Magari un paio di “Dio”: uno da tirare fuori quando ho sbagliato, ed ho bisogno di perdono e uno quando sbagliano gli altri e voglio vedere giustizia.

A cosa mi serve vedere Dio?

Perché dovrei voler vedere Dio? Cosa cambia nella mia vita di credente? Mi conforta per sapere  che Dio esiste davvero, o cos'altro? A cosa mi deve portare l'avere un'immagine spirituale  di come sia Dio?

Mi serve per almeno due motivi: il primo è questo.

1. Assomigliare a mio Padre

E' normale, se abbiamo avuto un buon genitore volergli assomigliare, fare quello che lui faceva, avere le stesse passioni; per rispetto, ma anche perché sappiamo per esperienza che quelle azioni e quelle passioni ci hanno fatto del bene forgiando la nostra mente.

Non vogliamo solo apparire come nostro padre o nostra madre, ma essere nel profondo come lui o lei. Non possiamo “clonarci” di fuori, e le persone vedranno che non siamo uguali ai nostri genitori, ma possiamo farlo “dentro”, avere la loro statura morale 

Lo stesso avviene come figli di Dio; non possiamo essere Dio (ed è una fortuna) ma possiamo cercare di riprodurre la sua immagine, quella che vediamo in Gesù, quella che tocca, si siede ed ascolta, perdona ed ama.

Che magari giudica in base a come giudica Cristo, ma che non odia nessuno ma anzi prega per chi ci fa del male.

Il secondo motivo è questo.

2. Dio mi vede attraverso Cristo

La settimana scorsa Jean ha citato questa frase: “Preoccupati più del tuo carattere che della tua reputazione. Il carattere è ciò che sei veramente, la reputazione è semplicemente ciò che gli altri pensano che tu sia. " 

Il mondo guarda a come appari di fuori, Dio guarda a chi sei di dentro.

Quante volte ci siamo augurati  per i nostri figli, o per gli amici, o per un coniuge, o per noi una posizione sociale “rilevante”, un posto da dirigente,  qualcosa che spicchi e sia sopra gli altri?

Ma quante volte abbiamo detto o pensato  "Non importa quello che farai, voglio solo che tu sia credente." "Voglio che tu ami Gesù Cristo"."Voglio che ti definisce è la tua relazione con il Cristo."

Non si tratta di fare,  si tratta di essere.  Siamo così tentati, anche come cristiani,  di definirci in base al successo, ai risultati,  alle azioni e alle prestazioni . La buona notizia è che Dio non ci definisce  in base a ciò che vede,  ci definisce in base a ciò che siamo.  Lo abbiamo visto la settimana scorsa con la stupenda storia di Raab, per il mondo una prostituta, per Dio una figlia amata.

Quando ti vedi debole, sconfitto o sconfitta,  distrutto o distrutta  a causa di tutto ciò che hai fatto...  ricorda: Dio ti vede attraverso Cristo!

In Cristo possiamo essere santi,  possiamo essere redenti,  possiamo essere restaurati.  Dio si avvicina a coloro i cui occhi sono chiusi alla realtà  e fa vedere che non ci serve un'auto nuova, un lavoro di prestigio, un conto in banca, ma ci serve nient'altro che Gesù.

Quando vediamo chi è Dio  attraverso Gesù  comprendendo la Sua natura …  allora vediamo chi siamo realmente.

Vediamo le nostre cadute? Certamente si. Vediamo i nostri errori? Certamente si.  Ci vediamo peccatori? Sì, facciamo anche quello.  Ma Dio ci vede attraverso Cristo  e ci abbraccia. 

E' per questo che è importante per chi crede vedere Dio;  e quando vediamo Dio in Cristo  siamo trasformati, perché vediamo noi stessi  come Dio ci vede. Santi . Irreprensibili.  Amati . Perdonati . Benedetti per tutta l'eternità.

Preghiamo.

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