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25 luglio 2021

La teologia della gloria - Filippesi 3 | 25 Luglio 2021 |

Gloria è vivere con l'autorità e la presenza di Dio nella tua vita. Per poter raggiungere questo dobbiamo vegliare sulla nostra fede, perseverare in essa ma, soprattutto, praticare la presenza di Dio nelle nostre vite. Ed il fine principale dell'uomo è glorificare Dio e goderne per sempre. 
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Predicatrice: Jean Guest
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Oggi studiamo il capitolo 3 di Filippesi. Finora abbiamo dato uno sguardo alla teologia della gioia e incontrato la grazia e la pace che abbiamo in Dio, e la teologia dell'unità dove Celeste ci ha mostrato così meravigliosamente che la nostra unità è il volto di Gesù.

Ma perché queste cose contano? Perché abbiamo bisogno di essere proattivi circa la gioia e l'unità? La risposta si trova qui nel capitolo 3. Lo scopo delle nostre vite sia individualmente che collettivamente è glorificare Dio. 

Gloria. È una parola strana, vero? Cosa ti viene in mente quando la senti? Qualcosa di magnifico? Qualcuno di magnifico? Come ci ha ricordato Celeste, noi esseri umani tendiamo ad essere egoisti, quindi la gloria quando è lasciata nelle nostre mani, può diventare molto pericolosa, facendoci diventare orgogliosi.

Ciò di cui abbiamo bisogno è una comprensione vera e biblica della gloria e di  esempi di come glorificare Dio.

Suppongo che ciò di cui abbiamo bisogno sia una Teologia della Gloria.

Il Catechismo Breve di Westminster è il catechismo Protestante (scritto da membri di un movimento cristiano inglese del diciottesimo secolo chiamati “Puritani”) ed è stato utilizzato nel corso dei secoli per insegnare le dottrine fondamentali della fede cristiana. 

È scritto come domande  e risposte;  la prima domanda è: "Qual è il fine principale dell'uomo?". La risposta è: “Il fine principale dell'uomo è glorificare Dio e goderne per sempre."  

Forse sarai sorpreso di sapere che “Gloria” è una delle  parole più comuni nella Bibbia.

La parola ebraica kavod significa “peso, importanza”; di qualcosa o di qualcuno che non può ignorare o che riteniamo essere una autorità. Ma può anche essere usato per significare “presenza”.

“...e i sacerdoti non poterono rimanervi per farvi il loro servizio, a causa della nuvola; perché la gloria del Signore riempiva la casa del Signore.” (1 Re 8:11)

In 1 Re 8 leggiamo che i sacerdoti non erano in grado di celebrare i loro uffici perché la gloria del Signore aveva riempito il tempio; era abbagliante e non potevano sopportare di guardarlo, ma dovevano semplicemente sedersi e aspettare alla presenza di Dio.

Quindi, come dice il teologo NT Wright: “La gloria è l'autorità di Dio sul mondo, la sua presenza  nel mondo, e ci troviamo al crocevia tra Paradiso e Terra.

“Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore…” (Filippesi 3:20)

Diamo un'occhiata a come viviamo il nostro scopo  di glorificare  Dio. La prima cosa che facciamo è di  conoscerlo attraverso la conoscenza di suo Figlio.

“Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti.” (Filippesi 3:10-11)

Il mio obiettivo è "conoscerlo". Conoscere Gesù non è solo conoscere i fatti su di lui, o anche seguire il suo esempio morale. Possiamo conoscere qualcuno senza sapere davvero niente su di lui. Conosco molti proprietari di cani, tutti i giorni ci sorridiamo, ci salutiamo e chiacchieriamo; potrei anche conoscere il loro nome, sicuramente so quello del loro cane, ma non so davvero  nulla di loro. 

Conoscere Gesù significa avere una relazione personale con lui, una relazione che è presente in ogni aspetto della nostra vita. Il grande pastore battista del 1800 Charles Spurgeon dice così:

“Mi dicono sia colui che mi rende puro, che mi pulisca dalle macchie; che mi ha lavato nel suo sangue prezioso, e così io lo conosco. Mi dicono vesta gli ignudi; che mi ha coperto con una veste di giustizia, e e così io lo conosco. Mi dicono sia colui che apre una breccia e che spezza i ceppi,  che ha liberato la mia anima, e perciò lo conosco. Mi dicono sia un re che regna sul peccato; che ha soggiogato i miei nemici sotto i suoi piedi, e io lo conosco in quel  profilo. Mi dicono sia un pastore: lo conosco perché sono la sua pecora. Dicono sia una porta: per lui sono entrato e lo conosco come una porta. Dicono sia cibo: il mio spirito si nutre di lui come del pane venuto dal Cielo, e perciò io lo conosco come tale». (C. Spurgeon)

Se vuoi conoscere Gesù, puoi forse usare queste parole come una preghiera di accettazione del suo amore e del suo sacrificio per te. Accettalo come Signore ed egli verrà a incontrarti.  Se lo fai, faccelo sapere.

“Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti.” (Filippesi 3:10-11)

Paolo parla anche in questo versetto di voler sperimentare il suo potere di resurrezione. Conoscere Gesù significa conoscere questo potere; ci viene data nuova vita ora!, non quando moriremo. La potenza della risurrezione è l'evidenza che suggella tutto ciò che Gesù ha fatto morendo per noi: siamo a posto con Dio.

“…e per essere trovato in lui, avendo non già la mia giustizia che deriva dalla legge, ma quella che deriva dalla fede di Cristo: giustizia che proviene da Dio mediante la fede...” (Filippesi 3:9 ND)

La gloria è vivere con l'autorità e la presenza di Dio nella tua vita.

Si tratta anche di vivere nella realtà. Paolo è in catene,  non può essere più reale di così. Ma il suo focus sulla gloria non è lui che chiude gli occhi, ignorando quel fatto e sperando che tutto vada via; è lui che  affronta la situazione con gli occhi fissi su Gesù.

“Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti.” (Filippesi 3:10-11)

Vi prego, non fraintendete ciò che è scritto qui. Come credenti, non preghiamo di conoscere la sofferenza  (questo ci renderebbe solo solo dei bizzarri sadomasochisti). Ma è  probabile che ad un certo punto della nostra vita conosceremo qualche tipo di sofferenza:  “piove sui giusti e sugli ingiusti allo stesso modo".

E ciò che Paolo sta dicendo è che,  quando quella volta viene voglio conoscere Cristo mentre la sto attraversando, accettando (con l'umiltà così come ci ha detto Celeste parlando del capitolo 2), gli scopi di Dio.

La missionaria dell'800 Amy Carmichael raccontva di essere stata presente e di aver testimoniato di  come il Pastore Andrew Murray  rispose ad una situazione particolarmente dolorosa della sua vita: "È stato silenzioso per un po' con il suo Signore, poi ha scritto queste parole per se stesso:

'Prima, mi ha portato qui, è per sua volontà che sono esattamente in questo posto; riposerò su questo. Inoltre, mi terrà nel suo amore e mi darà grazia in questa prova di comportarmi come suo figlio. Quindi Egli renderà la prova una benedizione, insegnandomi lezioni che vuole io impari, e operando in me nella grazia che mi vuole donare. Come e quando, Lui lo sa. Perciò io affermo che sono qui:

1. Per nomina di Dio
2. Sotto la sua cura
3. Seguendo le sue istruzioni
4. Per il suo tempo

La gloria è vivere con l'autorità e la presenza di Dio nella tua vita. Spero che queste parole ti portino un po' di conforto se stai soffrendo in qualche modo in questo momento. E se senti che illuminino i tuoi problemi, sappi che  il profeta Elia si sedette sotto un albero e disse a Dio: "Ne ho avuto abbastanza, voglio morire». 

Non c'è sofferenza, problema o vergogna troppo grande per la potenza di Dio. Prendo una piccola tangente qui per vedere  Corinzi, perché penso che sia importante sapere questo:

“…perché il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre» è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio, che rifulge nel volto di {Gesù} Cristo. Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi.” (2 Corinzi 4:6-7)

I Corinzi erano noti per le loro ceramiche finemente smaltate. Ma erano anche noti per i loro vasi di argilla di qualità inferiore che, quando venivano messi al forno per cuocere, si incrinavano  e  venivano utilizzati come diffusori di luce. L'idea di Paolo in 2 Corinzi è che non dobbiamo vergognarci delle nostre vite imperfette e piene di crepe.

Un vaso ben smaltato mantiene la luce dentro; solo un vaso con le crepe può far risplendere la luce di Dio nel mondo. Le crepe lasciano che la luce fuoriesca. Gloria è vivere con l'autorità e la presenza di Dio nella tua vita.

E Paolo dice in questo capitolo che ci sono tre cose che dobbiamo fare per vivere nella realtà di quell'autorità e di quella  presenza. La prima è che dobbiamo proteggerci:

“Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare…” (Filippesi 3:2)

Se dovessimo leggerlo nell'originale lo saremmo scioccati da quanto rozzi e brutali sono il linguaggio e l'immagine.  Le nostre traduzioni hanno messo un tocco di lucente educazione sulle parole di Paolo. Sta parlando di quelli nella chiesa primitiva  che stavano cercando di insistere sul fatto che i cristiani gentili dovessero essere circoncisi solo per assicurarsi che fossero davvero credenti: è molto più facile da credere se assomigli al popolo eletto passato. 

Paolo è furioso per questo suggerimento. Regole, regolamenti e tradizioni non ci salvano, Cristo si. Regole, regolamenti e tradizioni non ci giustificano dinanzi a  Dio, Cristo si. Lui è la nostra sicurezza. Ma quali sono i "cani" nel 21° secolo? Sono sono le mode che vanno e vengono, o i “leoni da tastiera” sul web? Possibile e probabile. Ma il modo migliore per proteggerci è perseverare.

“… dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù.” (Filippesi 3:13b-14)

Le Olimpiadi sono iniziate e non so voi, ma rimango sempre incantata per la dedizione e il sacrificio dei migliori atleti mentre lottano per quell'oro e quella gloria passeggera. Mio figlio Charlie ha un amico che era un canoista. Lui si svegliava alle 5 del mattino, era in acqua alle 6 e a scuola alle 9. Usciva da scuola alle 15, entrava in palestra alle 16 e ritornava in acqua alle 17, a casa per cena entro le 19, faceva i compiti e andava a letto. Lo fece per anni e ha avuto successo, ha vinto medaglie e lo abbiamo acclamato molte volte. 

Se gli chiedi adesso, “Ne valeva la pena?'”, risponderà "Sì e no"; sì perché eccelleva in uno sport e rappresentava il suo paese, e no, perché non è mai arrivato al top, all'oro, arrivava sempre 3° o 4° e ha rinunciato a così tante serate e bei momenti con i suoi compagni. 

Perseverare richiede lavoro e dedizione. Ma come  dice Pietro in 2 Pietro 1:5-10, non lo rimpiangeremo mai.

“Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù,  alla virtù la conoscenza,  alla conoscenza l’autocontrollo,  all’autocontrollo la pazienza,  alla pazienza la pietà,  alla pietà l’affetto fraterno  e all’affetto fraterno l’amore.  Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi,  non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza  del nostro Signore Gesù Cristo.” ( 2 Pietro 1:5-8)

La versione inglese della Bibbia New English Translation traduce l'ultimo versetto così: “...ti impediranno di diventare inefficace e improduttivo nella tua ricerca di conoscere nostro Signore Gesù Cristo più intimamente...” 

“Più intimamente”: che bella frase che è. È  il linguaggio dell'amore, e volutamente così, anche per quelli di noi che siamo sposati, Cristo è la nostra vera anima gemella.

E l'ultima cosa che facciamo è praticare la presenza di Dio. Cerchiamo intenzionalmente Dio in tutte le cose. Peter Greig, il fondatore del movimento “24/7 Prayer”, dice che "eravamo creati per camminare e parlare con Dio e per essere in relazione con lui, e che tutto scorre da quel luogo e ritorna a quel luogo." 

Siamo consapevoli di lui quando stiamo pulendo  casa, o guidando al lavoro, o portando a spasso il cane? Ci sediamo mai semplicemente alla presenza di Dio? O  sentiamo che dobbiamo riempire il silenzio dicendogli come ci sentiamo e chiedere cose? 

Sì, quelle cose fanno di certo parte della preghiera, ma cosa gli diciamo nei giorni quando ci sentiamo bene e non abbiamo problemi? Cosa vuole dirti? Cosa vuole dire a me? Ricorda i sacerdoti di cui ho parlato in 1 Re, di come la presenza di Dio riempisse la Sua casa e non potevano fare nient'altro che stare lì? Provaci anche tu! 

E perché ci preoccupiamo di tutto questo? Beh, perché...

“Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.” (Filippesi 3:20-21)

Quale è il tuo scopo come credente? Noi diciamo tutti insieme: “Il mio scopo è glorificare Dio e goderne per sempre."

Amen.

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18 luglio 2021

Costruire la gioia su Cristo 1° parte - Il Libro di Filippesi | 18 Luglio 2021|

C'è differenza tra felicità e gioia.  La felicità è legata al come sono, la gioia è legata al chi sono. La felicità è legata a quello che ho, la gioia è legata a quello che avrò. Se ho creduto in Gesù sono salvo, erede di Cristo, figlio di Dio. E posso avere gioia anche quando la felicità non c'è nella mia vita.
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Mentre Jean e Celeste continuano ad illustraci  la teologia della gioia e dell'unità presente nel libro di Filippesi, vorrei parlare con voi stasera di un versetto che spesso ci sentiamo ripetere, e che anche noi talvolta ripetiamo agli altri: il versetto è questo:

“Trova la tua gioia nel Signore, ed egli appagherà i desideri del tuo cuore.” (Salmo 37:4)

Davide sembra quasi dire che l'unica gioia possibile la puoi trovare nel Signore... Per cui, inutile cercarla in altri posti e in questa vita.

Spesso, se siamo davvero in vena di dare consigli biblici, aggiungiamo a questo versetto anche un altro: questo:

“Nel mondo avete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33 b)

In pratica stiamo affermando anche noi “Lo so, la vita fa schifo... ma tanto c'è Gesù!”

Come si accoppia allora il Libro di Filippesi e la teologia della gioia di Paolo con quello che spesso affermiamo (prove bibliche alla mano) che la terra è un posto per patire e il Paradiso quello dove gioire?

Vi voglio rassicurare innanzi tutto; non sono qui stasera per insegnare la “teologia della depressione”; perché, vedete, molte volte noi credenti veniamo visti come brave persone, ma  fondamentalmente depressi e pessimisti rispetto alla vita. Persone un po' tristi che aspettano di morire per godere.

Il cristianesimo non è assolutamente questo; è anzi tutt'altro, è un modo di vivere attivo e pro-attivo.

Gesù non era depresso, viveva nel mondo, a contatto con le persone, lo invitavano a pranzo e a cena perché era un maestro ma era anche divertente, e sapeva stare bene assieme agli altri.

Se il nostro modello era così,  allora perché gira questa “favola”  che i credenti sono depressi e noiosi e che gli è vietato vivere godendosi anche questa vita?

Questo si deve ad un “corto circuito”  nell'esposizione del Vangelo che, nei secoli ha creato una teologia differente da quella che descrive Paolo, che va sotto il nome di “teologia della povertà”, che afferma che, se siamo credenti, allora è ovvio che soffriremo  che saremo MENO felici degli altri, saremo perseguitati, avremo limitazioni morali che altri non avranno, eccetera. 

Sapete perché è successo? Perché molti bravi teologi non hanno compreso la differenza che c'è tra felicità e gioia; Paolo parla proprio di questo in Filippesi.

La prima (la felicità) è legata all'adesso, a cosa mi accade, (cose belle, cose brutte); la seconda (la gioia) è legata al passato cosa è accaduto (sono stato salvato da Gesù).

La felicità è legata al come sono (sano, malato, libero, in carcere), la gioia è legata al chi sono (sono un figlio/figlia di Dio, sono perdonato/perdonata). La felicità è legata a quello che ho (sono ricco, sono povero), la gioia è legata a quello che avrò (sono erede del cielo).

E' per questo che, come credente posso soffrire e essere nella gioia allo stesso tempo.

Come molti sanno ho giocato a rugby per una decina di anni; Fare una partita comporta sempre  provare una certa quantità di dolore soprattutto per uno come me che pesava all'epoca  68 chili contro i miei avversari che ne pesavano oltre 100.

Ero felice di essere placcato e sbattuto a terra? Certamente no! Faceva male? Si! Ma  provavo gioia quando la mia squadra vinceva!

Era felice Paolo, scrivendo Filippesi, incatenato come era ad un soldato Romano aspettando di morire? Penso di no. Eppure aveva gioia,  tanto da dire:  

“Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.” (Filippesi 1:21)

La Bibbia non solo ci dà permesso di essere pieni di gioia,   ma più di questo, ci comanda di essere pieni di gioia. Paolo scrive in Filippesi:

"Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi.” (Filippesi 4:4)

Lo ripete due volte: questo significa che Paolo era cosciente che, come credenti, i Filippesi (e noi) abbiamo spesso difficoltà a vivere nella gioia.

I credenti della chiesa di Filippi  non avevano vita facile: la città dove vivevano era la stessa dove Paolo e Sila  erano stati messi in carcere per aver guarito una donna scacciando un demone.

Paolo gli rammenta (a loro come a noi) che possiamo avere gioia nel bel mezzo delle prove, e quando non siamo felici.

Come faccio ad avere gioia nella sofferenza, allora? Esiste un “foglietto di istruzioni”?

Il tuo foglietto di istruzioni

Come fai, quando hai comperato un tavolo all'Ikea per costruirlo? Io normalmente faccio “a tentativi”: di solito mi riesce, ma non sempre, e spreco un bel po' di tempo.

Mia moglie, invece, non muove vite se prima non ha letto le istruzioni... tutte, da cima a fondo.

Come credenti ci comportiamo più spesso come faccio io: andiamo “a tentativi”; e qualche rara volta riusciamo a provare gioia nella nostra vita piena di problemi.

Ma è molto più semplice fare come fa mia moglie Janet: e il “foglietto di istruzioni” ce lo ha provveduto Paolo 

nella lettera ai Filippesi, contenente dieci passi per costruire bene il mobile e avere gioia.

Ma, attenzione! Devi seguire TUTTE le dieci istruzioni; per avere il “tavolo” della gioia  correttamente assemblato, altrimenti, se qualche passaggio lo eviti, tutto si monta e invece di aiutarti a costruirlo finisce che tutto cade a terra, anche i pezzi ben montati.

Oggi vedremo i primi cinque, fra due settimane gli altri cinque.

1. La gioia è nel lavorare assieme - La solitudine uccide la gioia

”Quando prego per voi, il mio cuore si riempie sempre di gioia per tutto l'aiuto che mi avete dato nel diffondere il Vangelo dal giorno in cui l'avete conosciuto fino ad ora.” (Filippesi 1:4-5)

L'abbiamo visto la scorsa settimana con Celeste: La gioia si costruisce lavorando assieme, attraverso l'unità su una  missione e uno scopo condivisi. 

Paolo avrebbe avuto tutto il diritto di vantarsi di ciò che aveva fatto... e invece loda i Filippesi per l'impegno costante. Dice che una piccola chiesa, popolata da neo credenti  (non studiosi della Bibbia , non dottori della Legge, non predicatori) erano il SUO aiuto nel diffondere il Vangelo!

Più avanti dirà loro così:

“Non fate niente per motivi egoistici, non fate niente per esaltare voi stessi. Siate invece umili, considerando gli altri con riguardo, come se fossero migliori di voi.” (Filippesi 2:3 PV)

La vera gioia è quando la squadra, tutta la squadra ha successo, non quando uno solo della squadra ha successo. E il successo della squadri ti Cristo che è la chiesa sta nella capacità di testimoniare il suo amore agli altri.

Ma attenzione,  se lavori da solo, se fai il lupo solitario, se nessuna chiesa ti soddisfa e pensi di poterne fare a meno se affermi (come molti fanno)  che non ti serve una chiesa per adorare e servire Gesù, allora stai distruggendo la tua gioia.


Prima istruzione del tuo foglietto: frequenta una sola chiesa locale, e impegnati a lavorare nei suoi ministeri assieme ad altri con cui stai assieme regolarmente. NON SOLO A “FREQUENTARE”!

2. La gioia è annunciare il Vangelo -  Il peccato uccide la gioia

“Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunciato; di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora.” (Filippesi 1:18)

Cosa significa annunciare il Vangelo? Significa proclamare la “buona novella” ovvero “una bella notizia”: quale? “ I tuoi peccati sono stati perdonati se hai creduto in Cristo.”

E' questo che reca gioia a Paolo, il sapere che, in un modo o nell'altro, in molti hanno ricevuto il Vangelo del perdono di Cristo.

La gioia nasce non dal come sei adesso, oggi ma dal come sei in eterno: salvato, perdonato; e non puoi tenerlo per te solo, per te sola!

Ma è difficile annunciarlo se il peccato ancora ti domina: il peccato  è un guastafeste, e uccide la gioia.

Davide, dopo aver peccato,  facendo sesso fuori dal matrimonio con Bat-Seeba, scrive nel Salmo 51 queste parole:

Rendimi la gioia della tua salvezza, e uno spirito volenteroso mi sostenga” (Salmo 51:12).

Davide afferma che la gioia prima c'era... e adesso Dio se la è presa indietro... “Ridammela! La voglio di nuovo!”

La riavrai, se confessi, come Davide... Ma se ti giustifichi dicendo che tutti lo fanno, se minimizzi :”non è un gran peccato”... e non chiedi scusa, tu stai uccidendo da solo la tua gioia.

Seconda istruzione sul tuo foglietto: impegnati ad evitare il peccato per quanto possibile (siamo peccatori perdonati... ma peccatori!).

3. La gioia è nella speranza - La disperazione uccide la gioia

“So infatti che come risultato io sarò liberato, perché voi pregate per me e lo Spirito di Gesù Cristo mi aiuta.” (Filippesi 1:19a)

Paolo fu liberato (probabilmente era prigioniero a Efeso o a Cesarea o a Roma) ma la sua speranza era legata a un compito specifico  a cui Paolo si sentiva chiamato da Dio: giungere fino a Nerone

per testimoniare dinanzi a lui di Cristo. (ricordate, Dio vuole che TUTTI ascoltino almeno una volta il Vangelo, anche Nerone, anche Hitler, anche Kim Jong Hun).

Per Paolo la speranza si estrinseca in tre certezze:  “Io sarò liberato.  Io so che voi pregate.  Io so che lo Spirito Santo è al mio fianco”:

Ma, attenti, perché per avere gioia  ti serve la certezza e perciò ti serve chi prega per te e ti serve lo Spirito Santo... Tu solo, e le tue certezze non bastano per avere la gioia.

Terza istruzione sul tuo foglietto: chiedi lo Spirito Santo e chiedi ad altri credenti di pregare per te. E, anche qui, è ovvio che devi avere una chiesa per farlo.

4. La gioia è nella fede - L'immaturità uccide la gioia

“Perciò sono certo che resterò sulla terra ancora per aiutarvi a progredire e perché abbiate gioia nella vostra fede.” (Filippesi 1:25 PV)

Paolo lega la gioia alla crescita della conoscenza di Cristo; più progredisci nella conoscenza più gioia troverai nella fede.

In sostanza afferma che se la tua fede rimane ai blocchi di partenza, se resta la stessa di quando hai accettato Gesù la tua gioia sarà limitata. più conosci di Gesù, più la tua fede diventa forte, più gioia avrai.

Ma, attenzione, se per te un'oretta qua dentro la chiesa ti basta … e non fai nulla di altro, la tua fede rimarrà quella di un bambino, e anche questo ucciderà la tua gioia.

Quarta istruzione sul tuo foglietto: studia la Parola di Dio  e ascolta  gli insegnamenti dei tuoi leader.

5. La gioia è nell'unità – La divisione uccide la gioia

“Rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento. (Filippesi 2:2)

Anche questo lo abbiamo ascoltato una settimana fa: la gioia per Paolo nasce e cresce  attraverso l'unità dei credenti.

Questo non significa che dobbiamo pensare tutti allo stesso modo, che ci debbono piacere le medesime cose e che dobbiamo avere tutti gli stessi gusti.

Paolo non dice questo: e infatti spiega più sotto:

“Affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra,  e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.” (Filippesi 2:10-11)

Paolo sta dicendo:  “Qualsiasi siano le vostre opinioni, ricordatevi che il progetto è quello di far conoscere Gesù a più persone possibili.”

Se vogliamo essere efficaci, allora dobbiamo abituarci a lavorare assieme, a mettere da parte qualche volta le nostre idee  e accettare quelle degli altri... come? Essendo “altruisti”:

“Cercando ciascuno non il proprio interesse, ma {anche} quello degli altri. “ (Filippesi 2:4)

Ma, attenzione, se  invece di coltivare l'unità, coltiviamo l'egoismo che genera la divisione se la vogliamo sempre vinta noi, se non arretriamo di un millimetro, stiamo uccidendo la gioia.

Quinta istruzione sul nostro foglietto: abituati a discutere ascoltando l'altro, piuttosto che ascoltare te stesso.

Conclusione

Cosa stai cercando nella tua vita? La felicità che è legata al come sono, o la gioia che è legata al chi sono in Cristo?

La felicità legata al cosa posso ottenere, o la gioia legata a cosa ho già ottenuto in Cristo?

La soluzione non è solo nell'avere gli strumenti e i materiali per costruire il mobile della nostra gioia,  ma soprattutto nel seguire le istruzioni.

Nella tua vita avrai momenti felici e momenti infelici, ma la tua gioia non dipende da come sei ma da chi sei in Cristo e da quello che fai per far crescere la tua gioia in Cristo.

Preghiamo.

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11 luglio 2021

La Teologia dell'Unità - Filippesi 2 | 11 Luglio 2021 |

La nostra unità  è ciò che mostra al mondo il volto di Gesù; come credenti  dobbiamo essere uniti avendo altruismo e umiltà. Posso essere altruista senza essere umile, o essere umile ed essere ancora egoista. Ma se non amo disinteressatamente e non mi rendo umile, non posso essere veramente unito ai miei fratelli e alle mie sorelle in Cristo: e il mondo non riuscirà a vederlo.
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Predicatrice: Celeste Allen
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Benvenuti a questo secondo appuntamenti della nostra serie sulla lettera di Paolo ai Filippesi.

Amo il libro di Filippesi.  Qualche anno fa ho deciso di leggere Filippesi per intero, ogni giorno per un mese. E nonostante ciò, trovo ancora nuove intuizioni quando lo leggo. Questa mattina vorrei condividere con voi alcune cose in cui mi sono imbattuta solo un paio di settimane fa mentre studiavo il secondo capitolo di Filippesi. 

La regola d'oro

"Tratta gli altri come vorresti che gli altri trattassero te."  È solo un piccolo diamante che Gesù ha lasciato cadere nel mezzo del discorso della montagna. 

“Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro; perché  questa è la legge e i profeti.. " (Matteo 7:12)  

In tutto il mondo ogni grande religione insegna  in un modo o nell'altro la regola d'oro. e la maggior parte delle persone - indipendentemente da ciò che il loro comportamento indicherebbe - dicono di credere in essa. 

La realtà è che la maggior parte delle persone ci credono anche se con alcuni limiti. Limiti come: 

  • dovrei trattare gli altri nel modo in cui voglio essere trattato... a meno che non mi abbiano trattato male.

Oppure:

  • dovrei trattare gli altri nel modo in cui voglio essere trattato... a meno che non sia davvero scomodo per me (o vagamente scomodo, o un po' scomodo) . 

O anche:

  • dovrei trattare gli altri nel modo in cui voglio essere trattato... a meno che non mi costi più di quanto sono disposto a dare. 

Ma in generale, dovrei trattare gli altri nel modo in cui voglio essere trattato.

Se tutto il mondo è d'accordo che , entro certi limiti, si dovrebbe seguire la Regola d'Oro , allora cosa c'è di diverso per i credenti?

Nella lettera di Paolo ai cristiani di Filippi, li esorta a vivere secondo l'insegnamento di Gesù. Dice, 

“Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse, ma {anche} quello degli altri.”.( Filippesi 2: 3-4)   

Qui Paolo riassume ciò che Gesù insegnava nella Regola d'oro :

L'altruismo

“Non concentratevi solo su voi stessi, ma pensate piuttosto agli altri. Considerate gli altri più importanti di voi stessi. Trattateli nel modo in cui vorresti essere trattati.”

Noi umani siamo piuttosto bravi a badare ai nostri interessi. In inglese diciamo: " Gotta look out for numero uno!” “Devo fare attenzione al numero uno!" (In realtà diciamo proprio" numero uno", non "number one"). 

Siamo intrinsecamente egoisti. Quando sei al supermercato, diretto alla cassa, e vedi qualcun altro con un carrello pieno che va alla cassa, cosa fai? Acceleri per arrivare prima! L'egoismo è la realtà della nostra natura caduta . Nasciamo egoisti. Hai mai visto un bambino piccolo dire (o far capire): "Dormi bene la notte, mamma, e dammi da mangiare quando ti sei riposata"? Mai. Dal momento in cui siamo nati, siamo governati dagli interessi personali. Vogliamo quello che vogliamo, e lo vogliamo subito, indipendentemente da chiunque altro . 

Ma prima di iniziare a rimproverarti per essere egoista, nota ciò che dice Paolo nei versetti 19-21 

“Ora spero nel Signore Gesù  di mandarvi prestoTimoteo per essere io pure incoraggiato nel ricevere vostre notizie. Infatti non ho nessuno di animo pari al suo che abbia sinceramente a cuore quel che vi concerne. Poiché  tutti cercano i loro propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù .” (Filippesi 2:19-21)

Anche quei discepoli che viaggiavano come missionari con Paolo non vivevano secondo l'insegnamento dell'altruismo di Gesù . Quindi tu ed io non siamo i soli credenti che soffrono di interessi personali.

Quindi, quando Paolo dice: "Non fate nulla per spirito di parte", sta già andando contro la natura umana. Ma quando aggiunge: "ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso", sappiamo che questo richiede un intervento di Dio.

Al momento opportuno, Dio ha agito . La notte prima di essere crocifisso, Gesù disse:

“...e io pregherò  il Padre, ed egli vi darà  un altro Consolatore perché  sia con voi per sempre: lo Spirito della verità , che il mondo non può  ricevere perché  non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché  dimora con voi, e sarà  in voi.” (Giovanni 14:16-17)  

Per grazia di Dio, i credenti hanno lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo ci dà la capacità di fare ciò che non possiamo fare da soli. È solo grazie allo Spirito Santo che vive in noi che possiamo scegliere di occuparci degli interessi degli altri, prima che dei nostri. E dico “scegliere” perché non è automatico. Dobbiamo ancora fare quella scelta.

Quindi dovrei chiedere, ma non lo chiedo... perché mentiamo a noi stessi e giustifichiamo le nostre azioni. Devo chiedere a Dio: “Mostrami dove sto scegliendo di non badare agli interessi degli altri? Dove sto agendo per egoismo?”

E quando Dio mi mostra quelle aree, devo chiedere allo Spirito Santo di aiutarmi a cambiare.

C'è un'altra cosa che Paolo fa notare . Nei versetti da  5 a 8 dice,

“Abbiate in voi lo stesso sentimento che è  stato anche in Cristo Gesù , il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò  l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente,  ma svuotò  se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;  trovato esteriormente come un uomo, umiliò  se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.” (Filippesi 2:5-8)

L'Umiltà

L'umiltà è ciò che ci permette di riconoscere che non siamo le persone più importanti del pianeta. Come sottolinea Paolo nel versetto 3, l'umiltà è il passo che mi permette di vedere gli altri come più importanti di me stesso.

“Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà , stimi gli altri superiori a se stesso.” (Filippesi 2:3)

Pietro riprende la stessa idea nella sua prima lettera. 

“Infine, siate tutti concordi, compassionevoli, pieni di amore fraterno, misericordiosi e umili; 9 non rendete male per male, od oltraggio per oltraggio, ma, al contrario, benedite; poiché  a questo siete stati chiamati affinché  ereditiate la benedizione”.( 1 Pietro 3:8-9)

L'umiltà ci aiuta anche a riconoscere che il nostro modo di vedere le cose non è l'unico modo, e così possiamo essere in amorevole comunione con credenti che hanno un punto di vista diverso. Questa amicizia amorevole può aiutarci a vedere le aree dentro di noi he hanno bisogno di essere cambiate. Per citare Tom Ashbrook, un noto autore e che si occupa di formazione spirituale:

“E'  in presenza di rapporti di fiducia che possiamo guardare onestamente a noi stessi, senza vergogna o condanna, e cercare il Signore perché  il Suo potere cresca e cambi.”  

(Esplorare i Sette Stadi della Crescita Spirituale -  R. Thomas Ashbrook)

Posso veramente avere rapporti di fiducia, la comunione dello Spirito Paolo menziona in precedenza , se solo sono umile. Devo credere di non sapere tutto ed essere disposto ad ascoltare quando un fratello o una sorella mi mostra qualcosa di me che non vedo.

Ma certamente  abbiamo bisogno di aiuto per essere umili , e l'unico che può aiutarci è Dio . Quindi devo chiedere a Dio: “Dove nella mia vita e nei miei atteggiamenti ho bisogno di più umiltà?” E ancora, quando Dio mi mostra quelle aree, devo chiedere allo Spirito Santo di aiutarmi a cambiare.

Ultimo punto: se sei credente anche da poco tempo, avrai di sicuro ascoltato una predicazione  o partecipato a un seminario o letto un libro o un articolo circa il condividere la fede, sul parlare di Gesù alla gente. Non mantenere segreta la nostra fede è una parte piuttosto basilare dell'essere cristiani. Lo scrittore di Romani dice:

“...perché , se con la bocca avrai confessato Gesù  come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato...” (Romani 10:9)

Se sei come me, almeno una parte di te rabbrividisce quando senti questo perché viviamo in società post-cristiane dove c'è così tanta disinformazione, così tanti malintesi su cosa significhi essere un credente.

Per esempio, negli Stati Uniti , il termine “evangelico” è stato politicizzato e trasformato in qualcosa che non ha praticamente nulla a che fare con Gesù. Ho un ottimo amico che non è cristiano che si lamentava con me di "quegli orribili evangelici". Si sentiva perfettamente a suo agio di dirmelo perché sa che  la mia fede si basa un un rapporto con Gesù - non con la destra politica associata con il termine “evangelico”.

Quando vivevo in Inghilterra, ho sentito ripetutamente nuovi credenti dire che avevano sempre pensato che i cristiani fossero pazzi , fuori di testa , e sono rimasti davvero sorpresi quando hanno scoperto che una persona che conoscevano perfettamente normale era cristiana.

E, naturalmente, c'è il problema se la chiesa perde il suo scopo e diventa  una struttura di potere, piuttosto che un gruppo di persone che amano Gesù . Quando ciò accade , la gente pensa che il cristianesimo riguardi solo l'ottenimento e il mantenimento del potere .

Ci sono tutte queste idee sbagliate nel mondo. Così allora come può sapere il mondo che Gesù era chi diceva di essere? Come possiamo mostrare Gesù al mondo che ci circonda?

Prima della sua morte e resurrezione, Gesù pregò per i suoi discepoli. Quella preghiera è annotata in Giovanni 17 . In quella preghiera Gesù dice: 

“Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché  siano uno, come noi... io in loro e tu in me, affinché  siano perfetti nell’unità  e affinché  il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li hai amati come hai amato me. (Giovanni 17:17, 23)

L'Unità

L'unità è l' unico modo con in quale Gesù ha detto che il mondo avrebbe saputo che Egli è stato inviato dal Padre, che Gesù era chi aveva detto di essere. Filippesi 2 ci mostra cosa significhi:

“Se dunque v’è  qualche consolazione in Cristo, se vi è qualche conforto d’amore, se vi è  qualche comunione di Spirito, se vi  è qualche tenerezza di affetto e qualche compassione, rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento.” (Filippesi 2:1-2)

Abbiamo sentito dire che noi nella chiesa siamo le mani e i piedi di Gesù nel mondo. E questo è vero. Ma la nostra unità è il volto di Gesù al mondo. Il mondo può riconoscere chi è Gesù solo quando vede come i credenti si amano gli uni gli altri perché l'unità nasce dall'amore e dall'umiltà . Possiamo evangelizzare fino alla nausea, ma se i non credenti non vedono l'amore in noi, allora non possono vedere Cristo.

1 Giovanni 4:20 dice:

“Se uno dice:  Io amo Dio , ma odia suo fratello,  è bugiardo; perché  chi non ama suo fratello che ha visto, non può  amare Dio che non ha visto. ” (1 Giovanni 4:20)

Non ci vuole la laurea per capirlo, e i non credenti non sono sciocchi . Se non c'è unità , il mondo lo vedrà. Il motivo numero uno per cui i missionari lasciano il campo sono i problemi interpersonali con altri missionari. E sappiamo tutti che l'incapacità dei cristiani di andare d'accordo non è confinata al campo di missione. Pettegolezzi, maldicenze, spaccature in chiesa ( e l'orgoglio che le provoca ) . È tutta disunità, e questo distrugge la nostra capacità di mostrare Gesù al mondo.

Quindi come lo affrontiamo? Torniamo allo Spirito Santo. Non solo abbiamo bisogno dello Spirito Santo per curare gli interessi degli altri, non solo abbiamo bisogno dello Spirito Santo per essere umili, abbiamo bisogno dello Spirito Santo per avere l'unità che mostrerà al mondo chi è Gesù.

Così, ancora una volta, devo chiedere a Dio : “Come sto promuovendo l'unità  del Corpo di Cristo? Cosa sto facendo che ferisce l'unità  del Corpo? E, ancora una volta, quando Dio mi mostra quelle aree, devo chiedere allo Spirito Santo di aiutarmi a cambiare.

Altruismo - Umiltà - Unità

Posso essere altruista senza essere umile. Posso anche essere umile ed essere ancora egoista . Ma se non vi amo disinteressatamente e non mi rendo umile , non posso essere veramente unito a voi, miei fratelli e sorelle in Cristo . 

E la nostra unità è ciò che mostra al mondo il volto di Gesù.

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04 luglio 2021

La Teologia della Gioia - Filippesi 1 | 4 Luglio 2021 |

Siamo l'opera d'arte di Dio, amati da Dio, salvati da Dio attraverso Cristo: viviamo per questo una vita nella gioia.
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Predicatrice: Jean Guest
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Tempo di lettura: 9 minuti
Tempo di ascolto audio/visione video: 33 minuti

È un piacere e un privilegio condividere di nuovo con voi e oggi stiamo iniziando una nuova serie sulla lettera ai Filippesi e, naturalmente, sto iniziando con il capitolo 1.

Vi leggo un profilo di una persona su Twitter:

"Un'anima appagata con una passione per i libri, il teatro e la musica: appassionata  circa: il cricket, organizzatrice di comunità, eternamente curiosa, amante di Gesù."

Chissà se sai a chi appartiene dalla descrizione? Certo, è il mio! Cosa mi ha tradito? Forse il cricket? Penso che se Paolo avesse un profilo Twitter sceglierebbe: qualcosa del genere

Paolo, un servo of Cristo Gesù. Grazia e pace a voi

Vedete, a parte Romani, Paolo inizia ogni sua lettera con quelle parole. È il lavoro della sua vita servire Gesù e la chiesa e impartire su di essa la benedizione della grazia e della pace.

Grazia è la parola greca charo e la parola standard sarebbe chairien, 'saluti', ma Paolo usa una sottile variazione charis, grazia. La grazia, l'amore incondizionato e sconfinato che Dio ha per chi non lo merita. 

Grazia e pace a te. 

Pace è la parola greca eiríni e letteralmente significa "ogni tipo di bene". C'è un uso nel Nuovo Testamento di esso al futuro, ma ogni altro uso nel Nuovo Testamento è al presente. "Ogni tipo di bene" qui e ora. Grazia e pace a te.

Preghiamo: Padre, oggi vogliamo riposare nella benedizione della tua grazia e della tua pace. Abita questo spazio con la tua Parola e attraverso tuo Figlio. Chiediamo al tuo Spirito di confermare in noi tutto ciò che vuoi che ascoltiamo. Amen.

Grazia e pace a te. 

Ciò che è ancora più notevole del saluto usato per i Filippesi è che Paolo al momento della scrittura era in prigione.

Paolo fu imprigionato più volte, una volta a Efeso, una volta a Cesarea e due volte a Roma. Se sta scrivendo da Efeso questo fa datare la lettera all'inizio degli anni 50 dopo Cristo, se a Cesarea è alla fine degli anni 50 e se da Roma allora sono i primi anni 60. A questo punto non è molto importante,  ciò che importa è conoscere la natura e il carattere di questa giovane chiesa. La chiesa di Filippi fu la prima ad essere fondata nell'Europa continentale da Paolo e vediamo la narrazione di ciò in Atti 16.

Paolo, mentre si trova a Troas nel suo secondo viaggio missionario, ha la visione di un uomo che gli chiede di venire in Macedonia. Lui e Sila si recano a Filippi e in cerca di ebrei credenti trovano Lidia e altre donne che pregano vicino al fiume fuori città. Paolo predica loro e Lidia diventa cristiana. E sì, lo dirò: 'Che meraviglia che il primo convertito europeo ad essere battezzato fosse una donna e che la chiesa in Europa abbia visto anche donne coinvolte nella fondazione.

La stessa Filippi era una città importante e ricca fondata da Filippo di Macedonia (padre di Alessandro Magno) sui ricchi giacimenti d'oro che dovevano essere estratti lì. Era su una rotta commerciale chiave e un'importante colonia romana. È un ottimo posto per iniziare una chiesa - con così tanti di passaggio, da qui il Vangelo si diffonderà.

Gli indizi che abbiamo sulla natura della chiesa provengono principalmente dal tono della lettera. Di solito quando Paolo scrive a una chiesa è perché lo hanno fatto arrabbiare, o sono arrivati ​​a credere a qualcosa di sbagliato - come i Galati, gli Efesini o i Corinzi; ma con i cristiani di Filippi Paolo scrive a persone che ama e con cui desidera ardentemente stare e di cui è orgoglioso. È un rapporto particolarmente personale e questo conferisce alla lettera il suo carattere.

La chiesa di Filippi ha saputo che Paolo è in prigione e così gli ha inviato Epafròdito con un dono: è una comunità generosa e premurosa, ma è stata scossa dalla prigionia di Paolo.

“Ora ho ricevuto ogni cosa e sono nell’abbondanza. Sono ricolmo di beni, avendo ricevuto da Epafròdito quello che mi avete mandato e che è un profumo di odore soave, un sacrificio accetto e gradito a Dio.” (Filippesi 4:18)

Così Paolo scrive loro con gratitudine per la loro generosità e anche per ricordare loro chi sono in Cristo e che Lui solo è la loro sicurezza. I temi della lettera sono la gioia, l'unità e la centralità di Cristo .

Ma oggi nel capitolo 1 ci occupiamo della Teologia della Gioia. Ci sono 15 riferimenti alla gioia in Filippesi, ma Paolo non sta parlando di felicità, la parola che usa per gioia ha la stessa radice di quella che usa per grazia. La gioia cristiana è conoscere la sorgente della grazia e della pace. Come qualcuno ha detto su Internet, la gioia è:

“ uno stato d'animo e un orientamento del cuore. È uno stato stabile di contentezza, fiducia e speranza”.

Le mie scuse a quel "qualcuno"; non ho preso nota del suo nome e non sono riuscita a trovarlo di nuovo.

Quindi, come ci alleniamo ad abitare in modo naturale e manifestare gioia? Ci sono tre modi indica come Paolo fondamentali.

1. Un'opera d'arte di Dio

Paolo parla nel capitolo 1 di “Un'opera di Dio per tutto il popolo santo di Dio."

 Mi chiedo se come me ti preoccupi di parlare della chiesa come di persone sante? Ammettiamolo, se sei come me, o io sono in qualcosa simile a te, allora spesso la santità non è come ci descriveremmo: probabilmente ci definiremmo abituati a criticare, arrabbiati, egoisti,  litigiosi... ma santi?

Ma la santità non è uguale alla perfezione, non è nemmeno uguale all'essere buoni. Sì, certo, prendiamo sul serio il bisogno di essere riconosciuti per il nostro amore verso gli altri, dal nostro manifestare il frutto dello Spirito e, come ci ha ricordato Marco la scorsa settimana, dal modo in cui viaggiamo in questo mondo essendo l'aroma di Cristo. 

Queste caratteristiche non vengono dal nostro tentativo di essere buoni, vengono perché chiediamo allo Spirito di aiutarci e di cambiarci, e anche attraverso la disciplina del discepolato. Ma anche tutto questo non ci renderà un popolo santo perché garantisco che nel tentativo falliremo: siamo umani e gli umani sono fallibili. Lo dice il teologo Rowan Williams:

"Un essere umano è santo non perché trionfa con la forza di volontà sul caos e sulla colpa e conduce una vita impeccabile, ma perché quella sua vita mostra la vittoria della fedeltà di Dio in mezzo al disordine e all'imperfezione". 

Grazia e pace a te. 

La nostra identità poggia sull'amore incondizionato e sconfinato che Dio ha per coloro che non lo meritano e ai quali elargisce ogni genere di bene.

La buona notizia è che riconosciamo che le nostre identità sono cantieri con lavori in corso:

“E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un’opera buona la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.” (Filippesi 1:6)

Non solo Dio è all'opera attraverso di noi, ma in noi, sia collettivamente che individualmente, e la promessa è che ci sarà completamento. Qui, ma in particolare in Efesini 2, quando Paolo parla di noi che siamo opera di Dio, la parola che usa è poema.. In te e in me Dio sta creando un'opera d'arte.

Grazia e pace a te. 

2. Amati da Dio

Ho detto prima che Paolo ama questa giovane chiesa e lo possiamo vedere dal modo in cui si rivolge a loro e dal rapporto che ha con loro.

v.3 Io ringrazio il mio Dio di tutto il ricordo che ho di voi

v.7 Ed è giusto che io senta così di tutti voi, perché io vi ho nel cuore

v. 12  Desidero che voi sappiate, miei cari (ND) 

Di tutti i versetti di questo capitolo, penso che questi siano forse i più impegnativi. Quanti di noi possono onestamente dire che ringraziamo Dio per la nostra famiglia di chiesa, e con questo non intendo solo di questa dove siamo, ma in tutta la chiesa. Chiamiamo "amati" i nostri fratelli e sorelle? Li teniamo nel nostro cuore? O siamo più come quelli menzionati nei versetti 15 e 17 che predicano Cristo, ma senza amore? Nicky Gumble, il fondatore del Corso Alpha, dice questo:

“Sono stato sfidato da Dio di smettere di chiedere dei miei compagni cristiani: 'Cosa hanno che non va?' e iniziare a chiedere: 'Cosa hanno che devo imparare?'”

È davvero importante  per noi che alcuni abbiano tradizioni o enfasi diverse? Paolo afferma:

“Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunciato; di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora” (Filippesi 1:18)

Cosa è meglio: essere corretti o amare?

Mi piace come la a Bibbia inglese “The Message” traduce i versetti 9-10

“Quindi questa è la mia preghiera: che il tuo amore fiorisca e che non solo amerai molto, ma bene.”

Certamente la radice e la fonte di questo amore è Gesù. In questi 30 versetti del capitolo 1, Paolo fa riferimento a Cristo 20 volte. Una vita inquadrata nella conoscenza di tutto ciò che Cristo ha fatto per noi ci spinge verso l'esterno, proprio come i Filippesi fanno:“Condividiamo il Vangelo”; non possiamo farne a meno: sappiamo cosa significa essere amati e vogliamo che lo sappiate anche voi.” Un cuore grato è un cuore generoso.

Grazia e pace a te.

3. Salvati da Dio

Infine, la terza chiave per una teologia della gioia è la speranza, perché siamo salvati da Dio.

“...di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora; so infatti che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre suppliche e l’assistenza dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia viva attesa e la mia speranza di non aver da vergognarmi di nulla; ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte. Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.” (Filippesi 1:18b-21)

Le preghiere dei fedeli e la provvidenza dello Spirito gli danno speranza. Che notevole testimonianza dell'autorità di questa giovane chiesa, le loro preghiere portano speranza.

Attraverso di loro Paolo ha speranza a breve termine per la liberazione e anche per la forza per affrontare i suoi persecutori. A lungo termine la sua speranza è sicura in Gesù. Paolo non perde mai di vista l'immagine eterna: “Perché per me vivere è Cristo e morire è guadagno.”

La vita è bella, vuole continuare a vivere, vuole rivedere i suoi amici per incoraggiarli e condividere ancora una volta con loro l'opera evangelica. Ma se così non fosse, allora c'è qualcosa di ancora meglio ed è che lui sarà con Cristo.

In conclusione voglio condividere il messaggio finale del Rev Joel Edwards, un titano della chiesa nel Regno Unito che è morto questa settimana.

---

Cari amici

Vi scrivo questo per darvi un ultimo addio. Innanzitutto, i miei più smisurati ringraziamenti per le vostre
preghiere, il vostro amore e per avermi tenuto stretto a quel miracolo con le unghie.

Le parole non possono esprimere  la profondità, l'ampiezza e l'altezza  della mia gratitudine, ma sono tornato a casa.

La mia fervida preghiera è che la vostra fede  e tenacia nei miei confronti non sia considerata  un inutile esercizio religioso, ma che abbia  rafforzato la vostra fede in un Dio  che è meraviglioso, misterioso e maestoso  in tutto ciò che fa: Colui che è Fedele.

Vi raccomando la mia famiglia.  So che veglierete su di loro nei mesi  e negli anni a venire.

E vi affido a Dio e alla parola della sua grazia che può edificarci e darci un’ eredità tra coloro che sono stati salvati.

Vi aspetto per accogliervi...

---

Joel in questo suo ultimo messaggio prima di tornare a casa ha riassunto il capitolo 1 di Filippesi; ma la cosa più notevole è  che ogni leader di qualsiasi denominazione della chiesa di Cristo, sapendo della notizia della sua morte hanno affermato quale gioia fosse stata lavorare con Joel.

La chiesa unita, messe da parte le differenze, incarna la teologia della gioia; un'opera d'arte di Dio, amata da Dio, salvata da Dio.

Grazia e pace a te. 

Amen.

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