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12 giugno 2022

Perle, maiali e feste: le parabole di Gesù - Parte 1: Una storia ben raccontata |12 Giugno 2022 |

Gesù era un grande narratore; le sue storie spaziano in tutti gli aspetti della vita quotidiana, tra perle, maiali e feste. Ma perché usava così tanto le "storie"?
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Predicatrice: Jean Guest
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Questa settimana iniziamo una nuova serie sulle parabole di Gesù.

Ma prima di esaminare alcune delle parabole e cosa ci insegnano, voglio darvi un quadro di riferimento per comprenderle. Perciò, voglio iniziare parlando di storia, verità e immaginazione.

Una delle prime cose che ho notato quando mi sono trasferita in Italia è che gli italiani amano raccontare storie. Il problema è , e bisogna riconoscerlo, che questi racconti possono prolungarsi per molto, molto tempo... dobbiamo rivivere il momento... respirarlo... sentirlo e, naturalmente, bisogna sia sempre accompagnato da gesti.

Mi piace. Il racconto è una parte importante della cultura italiana. Mia mamma sarebbe dovuta nascere italiana per il modo in cui raccontava le storie di tutti i giorni. Ogni dettaglio, ogni persona in coda all'ufficio postale, ogni cosa che vedeva mentre andava a fare la spesa… 

Se lei era al telefono con te si poteva  benissimo lasciare il telefono moto distante dall'orecchio  e tornare dopo qualche minuto senza perdersi la fine del racconto. Ma amava anche le storie che le venivano raccontate da altri o attraverso la lettura. 

Dopo la morte di mio padre ci chiedevamo se si sentisse sola, ma lei diceva semplicemente: "Ho un buon libro che sto leggendo, sto bene".

Quando i miei figli erano piccoli, oltre a leggere loro i racconti della buonanotte, inventavo delle storie con due personaggi, Maurice Black e Timothy Brown. Questi due ragazzi avevano delle avventure che erano radicate nel paesaggio locale e nella routine familiare dei miei figli, e ogni racconto aveva una morale  - nascosta in bella vista.

Per esempio come comportarsi con un bullo, cosa fare quando si ha paura, ecc. E una delle cose più toccanti è stata quando il mio primogenito stava per iniziare l’università fuori sede e gli è stato chiesto cosa volesse (intendevo per cena), e rispose: "Un racconto di Maurice Black".

L'Epopea di Gilgamesh è la prima storia mai scritta e ha più di 4.000 anni, ma stiamo parlando di scritta; si può essere certi che molto prima di allora le persone si raccontavano storie, se non altro come misura di sopravvivenza: attenzione al mostro che si nasconde nel bosco.

I racconti servono a molti scopi nella nostra vita. Vanno ben oltre l’atto semplice di leggere o ascoltare. Ci aiutano a capire gli altri e noi stessi: possono creare altri mondi, emozioni, idee e far sembrare incredibile la quotidianità. Possono insegnarci l'empatia e ci possono accompagnare in viaggi straordinari. Possono farci ridere, piangere, saltare dalla paura e poi confortarci con un lieto fine. Sembra che i racconti facciano parte del nostro DNA umano.

L'attrice Margaret Atwood afferma:

“Il raccontare storie non morirà mai perché è innato nell'uomo. Siamo nati con esso.” (Margaret Atwood)

Siamo plasmati dai racconti. Antropologi, filosofi, storici e teologi concordano sul fatto che sperimentiamo le nostre vite e il mondo che ci circonda in modo narrativo.

Cerchiamo inizi e finali, apici e conclusioni. Perché?

 "Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza." (Genesi 1:26 a)

Dio ha scelto di non consegnarci un elenco di verità su di sé, o un manuale di istruzioni, ma una storia epica in cui si rivela se stesso. 

La nostra Bibbia è una saga letteraria, che comincia con un mito, vaga tra cronache, poesie, canti, e un'impostazione teatrale e si conclude in un simbolismo apocalittico. Abbiamo un Dio che usa il racconto per chiamarci al suo amore.

I racconti diventano ancora più interessanti quando si aggiungono degli aggettivi: un racconto tragico, un racconto curioso,  il racconto di lei, il mio racconto, il racconto del Vangelo.

Ma a volte, come credenti, confondiamo il racconto con la finzione, che significa “non vero”; così diventiamo fondamentalisti nel nostro approccio alle Scritture; tipo che Dio ha impiegato solo 7 giorni per creare il mondo, e chiamandola “storia della creazione” vogliamo fai intendere che non sia vero che Lui è il Dio creatore.

La nostra fede è fondata sulla verità. Gesù ha detto: "Io sono la via, la verità...”(Gv14:6). Ed è fondata, nella resurrezione, su un evento storico significativo; se questo non fosse vero, allora, come dice Paolo in 1 Corinzi 15:19 "...noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini". 

Quindi capisco perché sia difficile cominciare a parlare di sezioni della Bibbia che non sono letteralmente vere, perché come possiamo essere sicuri di quale sia vera e quale non sia? 

Dobbiamo riconoscere che la finzione non significa “non vero”. Se vi dico che sono nata il 13 gennaio 1959 ed era un martedì, conoscete un fatto sulla mia data di nascita. Ma lasciate che vi racconti la storia della mia nascita. 

Era un gennaio freddo, ma fino a quel momento, insolitamente per la città di Sheffield, non aveva ancora nevicato quell'inverno. Mio padre andò al lavoro, mio fratello e mia sorella a scuola, lasciando mia mamma a casa. Alle 9 circa cominciò a nevicare e a mia madre si ruppero le acque. Alle 10 nevicava come una bufera e la mamma aveva le contrazioni.

Non avevamo un telefono, per cui la mamma dovette andare da un vicino a chiedere se potessero andare a dire a sua madre, che viveva lì vicino cosa stesse accadendo, e anche di mandare qualcuno a chiamare mio padre e il medico. 

Ben presto fuori c'era un metro di neve, mia sorella e mio fratello erano stati rimandati a casa, mia nonna, il nonno e la zia erano arrivati, ma non c'erano ancora né mio padre né il medico perché la neve aveva bloccato le strade e quindi dovevano camminare. 

Entrambi arrivarono nel tardo pomeriggio e trovarono una casa piena di gente. E io nacqui poco dopo, durante la peggiore tempesta di neve che Sheffield avesse visto da molti anni, martedì 13 gennaio 1959.

Molto più interessante dei solo fatti , giusto? E forse il racconto ha suscitato in voi delle domande come a mio marito, che sentendo la storia ha detto: "Chissà se è per questo che ami così tanto la neve?”

L'arte, attraverso il racconto o la poesia, può dirci verità più profonde dei semplici fatti; e allora, perché un Dio che non ha tralasciato la bellezza quando ha creato il mondo, dovrebbe trascurarla quando ha soprinteso alla composizione della Bibbia? 

Non abbiamo nulla da temere nel riconoscere il valore letterario della Bibbia perché il racconto non nasconde la verità. Come ha scritto l’autore Frederick Buechner, "...nonostante la sua straordinaria varietà, la Bibbia è tenuta assieme da una sola trama".

Torniamo al racconto della creazione nella Genesi:

"Nel principio Dio creò i cieli e la terra.  La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque.  Dio disse: «Sia luce!» E luce fu.  Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre.  Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.  Poi Dio disse: «Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque». Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. Dio chiamò la distesa «cielo». Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno." (Genesi 1:1-8 )

È un linguaggio ricco di immagini che ci fa capire com'è Dio.

Dio: ecco i fatti, come viene raccontato nella storia: 

  • è eterno (Nel principio, Dio v1); 
  • è relazionale (lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque v2);
  • mette ordine nel caos (v2: informe, vuota, le tenebre);
  • la creazione stessa è soggetta a Dio (Dio disse, e questo è accaduto v6-7).

Ma la Genesi ci chiede di immaginare; immaginare come fosse prima, durante e dopo la creazione del mondo. È l'appello alla nostra immaginazione che dà vita alla storia della creazione. E ancora una volta questo solleva una bandiera rossa per alcuni nella Chiesa. Se lasciamo correre l'immaginazione, essi temono, rischiamo di sacrificare la verità.

Vediamo un episodio famoso di Gesù con un giovane uomo che lo ferma per chiedere come dovesse fare a ottenere la vita eterna:

"Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso»." (Luca 10:27)

Ci concentriamo quasi sempre sulle parole amore, cuore, anima, forza e mente, ma se invece ci concentrassimo su ogni "tutto"? Tutto il nostro cuore, tutta la nostra mente. Cosa significa "con tutta la mente"? 

La mente non è solo una macchina per i calcoli che opera su una base puramente razionale.  Voglio essere chiara, affermando che la ragione è di vitale importanza; possiamo arrivare alla verità attraverso la ragione, ma, come dice il poeta cristiano Malcolm Guite, "Dio ci ha dotato di un'immaginazione profonda, modellante e misteriosa e ci sono certe verità a cui arriviamo solo attraverso di essa".

O come dice Shakespeare: "L'immaginazione comprende più di quanto la fredda ragione possa mai comprendere".

Non siete convinti? Diamo un'occhiata più da vicino al giovane uomo di Luca 10:

"Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?»  Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo e vivrai». Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» Gesù rispose (con una parabola)...” Luca 10:25-30a

Come il giovane, anche noi tendiamo a pensare che, se semplicemente crediamo alle cose giuste, allora ci comporteremo nel modo giusto. Ma Gesù lo sapeva bene. Sapeva che toccare l'immaginazione significa penetrare oltre l'intelletto e pungere la coscienza. 

Se la ragione cambia la nostra mente, l'immaginazione cambia il nostro cuore. Ci aiuta a sentire la verità, non solo a conoscerla. Possiamo sapere benissimo cosa dovremmo fare. Ma toccare l'immaginazione può ispirarci con una visione della realtà di Dio che ci costringerà ad agire.

Ecco perché Gesù ha raccontato la parabola del buon samaritano. Il giovane sapeva intellettualmente che avrebbe dovuto amare il suo prossimo. Ma Gesù rispose con un racconto, un piccolo gioiello di narrativa che ha spinto la questione al di là dell'intelletto verso il cuore. 

La domanda che dovrebbe porsi, suggerisce Gesù, non è "Chi è il mio prossimo?", ma "Che cosa significa essere un buon vicino?". Gesù conosceva il potere di una storia ben raccontata. E voi avete una storia da raccontare. 

La settimana scorsa la Chiesa ha celebrato la Pentecoste, il giorno in cui siamo stati benedetti dall'arrivo dello Spirito.

"Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme[a] nello stesso luogo.  Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. " (Atti 2:1-4) 

Notate che c'è un solo Spirito, ma ognuno aveva una voce individuale. Lo Spirito Santo è un dono per tutti. Ma è dato personalmente, in modo distinto, a ciascuno. E viene dato a ciascuno affinché essi possano, a loro volta, essere agenti della buona novella per altri. Questo è ancora vero per la Chiesa di oggi, ancora vero per te e per me. Tutti noi abbiamo una storia da raccontare.

La prossima settimana inizieremo a guardare le parabole, le storie che Gesù ha raccontato su cose quotidiane come le perle, i maiali e le feste. Lo ha fatto per costruire un ponte tra il mondo così com'è e il mondo che Dio ci riserva. Voglio condividere con voi questo pensiero tratto da un libro intitolato Story and the Church: “Il Racconto e la Chiesa”.

Come cristiani, siamo chiamati a relazionarci con le esperienze delle persone, a capire le loro speranze, i loro sogni e i loro interessi, e a vedere come questi possano puntare verso il regno che Dio ha preparato per noi. Condividendo le nostre storie, creiamo relazioni. Impariamo ad evangelizzare con il dialogo piuttosto che con il monologo. Impariamo a parlare di Gesù in modo naturale.

Andate con la forza dello Spirito e raccontate la vostra storia. 

Amen. 

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